Gli occhi del diavolo, la recensione
Inserendo nel filone sull'esorcismo una storia di rivendicazione femminile, Gli occhi del diavolo fallisce sotto tutti i punti di vista
La nostra recensione de Gli occhi del diavolo, al cinema dal 16 marzo e già disponibile in home video e in digitale
Alla luce dell'aumento di casi di possessione demoniaca, il Vaticano decide di aprire segretamente delle scuole di esorcismo in tutto il mondo, per formare i propri sacerdoti. In quella di Boston, lavora come infermiera la venticinquenne suor Ann (Jacqueline Byers), desiderosa di mettersi alla prova in questo campo, da sempre riservato ai soli uomini. Un professore decide però di assecondarla e permetterle di assistere alle lezioni, dandole la possibilità di mettersi alla prova. L'occasione giusta è una piccola bambina a cui la giovane donna si è molto legata, che presto si scopre posseduta da una potente forza demoniaca.
A non essere di adeguato supporto è inoltre la componente horror, in linea teorica quella principale, qui però completamente in secondo piano. Stamm ricorre infatti al consueto campionario del genere senza alcun tocco personale. Non basta infatti mostrare persone possedute che camminano sui muri, contorsioni del corpo e rantoli, per poter creare un'atmosfera inquietante. Servirebbero adeguate soluzioni di messa in scena, oltre ai facili jump scare, che qui sembrano però totalmente mancare al regista. In un film che si prende troppo sul serio, così l'effetto è più di parodia (involontaria), come quella in Facciamola finita.