Obi-Wan Kenobi parte 5: la recensione

La parte V di Obi Wan Kenobi è migliore delle precedenti fino quasi alla fine, dove c'è uno dei duelli di spade laser più brutti di sempre.

Condividi
Spoiler Alert

La recensione dell'episodio 5 della serie Obi-Wan Kenobi, disponibile su Disney+

Proprio quando si iniziava a sperare che la serie avesse smesso di prendere tempo per arrivare al sodo, ecco che Obi-Wan Kenobi regala il duello di spade laser più brutto di tutta la saga e costringe ancora una volta i personaggi a una continua, insensata e sfiancante fuga.

Un parallelo tra passato e presente


C’è un allenamento che incornicia questa quinta parte. Ad un passo dal finale di settimana prossima gli sceneggiatori della puntata Joby Harold e Andrew Stanton (!) Hanno un’intuizione vincente che avrebbe potuto essere estesa all’intera serie. Costruiscono un parallelo tra il passato del maestro Jedi, il suo Padawan e il presente. Tutte le opere di Star Wars si specchiano tra di loro, hanno immagini ricorrenti, spesso in senso opposto. Le serie sono più isolate in questo. Se non c’è un punto di riferimento allora perché non crearselo da soli saltando nel tempo?

The Mandalorian e The Book of Boba Fett avevano continui incubi e flashback non necessari che cercavano di delineare un minimo di backstory. Affaticavano però il ritmo del montaggio. Nei primi episodi di Obi-Wan Kenobi lamentavamo che si ricorresse ancora al pretesto del sogno (a metà tra il ricordo e la premonizione) per tornare sugli eventi dell’Ordine 66. Non ce n’era bisogno. Bastava, come accade in questa puntata, fare un semplice flashback.

Finalmente quindi possiamo rivedere Hayden Christensen invecchiato (e quindi fuori continuità) duettare con un Ewan McGregor invece anagraficamente fuori dal tempo. Nostalgia canaglia, eppure che bella nostalgia! Si respira per un attimo il sapore della trilogia prequel, così contestata in passato, ma che attualmente sembra inarrivabile. Che occasione sprecata usare così poco i due attori e solo dopo tutte queste ore, soprattutto considerata la quantità di riempitivi messi in passato.

Si corre di più, con un ritmo molto più sostenuto, e qualche piccolo colpo di scena, come le vere motivazioni di Reva, la Terza Sorella. Un personaggio che non ha mai convinto come villain e che, vista anche come una personalità più complessa, corrotta dalla voglia di vendetta, è ugualmente incomprensibile in alcune sue azioni. Veramente quello che ha fatto era il modo migliore e più veloce per raggiungere il suo scopo?

Una serie con numerosi problemi

Continuano così le lacune della regia, che non si preoccupa di lasciare il personaggio a terra, dove dovrebbe essere morente, che appare invece in buona forma. Sebbene la puntata sia nettamente migliore delle precedenti due, Deborah Chow gira un confronto all’ultimo sangue tra l’Inquisitrice e Vader che è praticamente un balletto, o una scena eliminata di Balle Spaziali.

L’apice delle mosse insensate, del colpi a vuoto "parati" da un generico uso della forza per schivare gli attacchi. L’immobilità del Sith e Reva che agita la spada a vuoto nell’aria, evitando di colpire il suo nemico anche quando è di spalle, non sono una manifestazione visiva della superiorità dell’uno sull’altra. Semmai quella di un personaggio brillo che cerca di mettere a fuoco un bersaglio fermo. È chiaro quello che si voleva fare, eppure l’esecuzione è così povera da vanificare il tentativo di dare una scala ai poteri. Involontariamente risibile.

E se incostanza è la parola d’ordine per le serie di Star Wars, questa puntata di Obi-Wan Kenobi lo è ben più di altre. Perché quando si ricorda che la sua ragione d’essere è quella di esplorare il senso di colpa di un uomo sulle soglie dell’anzianità diventa immediatamente più avvincente. È un racconto di fantasmi. Questi si avvicinano sempre di più e ogni tentativo di fuga è codardia. C’è un futuro da proteggere: Luke e Leia in questo caso, come Grogu fu per Din Djarin. 

In tempi oscuri chi è nel giusto lavora per ricostruire la speranza contro l’oppressione soffocante dell’Impero. C’è una superficie, fatta di conformismo e di gente che sta alle regole, e un sommerso, dove soggiace il senso di rivalsa, i malumori, la voglia di ritornare in un tempo di libertà. Queste serie avrebbero potuto soffermarsi molto di più nella costruzione dei pianeti come qualcosa di più complesso di un semplice obiettivo da distruggere. Sono spazi abitati da esseri viventi che, con la loro architettura e con i sistemi sociali che li regolano, raccontano molto di più di tante parole. Invece quando ci viene dato un accenno si torna subito sulla trama, al banale susseguirsi di eventi strettamente necessari al percorso del protagonista, che è vuota, poco appassionante e già vista molte volte.

La mancata evoluzione di Leia

Da un po’ di tempo anche Leia sembra fuori posto. Non è cambiata per niente dall’inizio del suo peregrinare nello spazio profondo. Ha subito torture, minacce ed è una bambina lontana da casa, nonché causa dei mali delle persone che rischiano di venire sterminate in questa puntata. Con leggerezza lei continua con le sue battute sagaci e, deus ex machina, capisce tutto e risolve problemi meglio di un maestro Jedi. Addirittura la fotografia la inquadra più luminosa e pulita degli altri. La stacca di netto dallo sfondo e mette così in pausa ogni possibile crescita nel confronto con quello che le sta accadendo.

Il quinto episodio di Obi-Wan Kenobi offre come sempre un buon intrattenimento leggero. Se lo si guarda senza pretese ci si può anche divertire, e in questo caso più di altri la puntata scorre molto velocemente. Se si nota però il nome che si porta sulle spalle, i talent coinvolti e i danni che può fare rispetto a personaggi così amati, tutto questo risulta inaccettabile.

Quando iniziarono le serie su Disney Plus negli alti e bassi c’era una costante: la passione di chi le realizzava. Era indubbia, si vedeva, e a volte era proprio questo amore per la fonte di ispirazione a generare alcuni errori di ingenuità. Ora non c’è più nemmeno questo. Restano solo i compiti estivi fatti da studenti diligenti che navigano negli anni scolastici facendo esattamente quello che gli insegnanti (i produttori) chiedono sacrificando l’estro creativo e la voglia di realizzare qualcosa che conti. 

Continua a leggere su BadTaste