Now You See Me 2: I Maghi del Crimine, la recensione

Fuori da ogni idea di plausibilità e asservito anima e corpo alla stilizzazione e alla ricerca della coolnes, Now You See Me 2 sembra un film cinese

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Al secondo episodio Now You See Me cambia l’unico elemento d’interesse che poteva vantare: non è più un film che mette in scena in maniera fantasiosa, assurda e iperbolica la vendetta nei confronti di chi ha messo in moto la crisi economica, non è più il più grottesco e allucinato dei film americani sull’attualità (nel primo gli illusionisti militanti protagonisti regalavano i soldi dei ricchi ai poveri), ma diventa una sorta di thriller internazionale con un nuovo “grande tema” a lavare la coscienza. Si tratta della privacy e della maniera in cui le multinazionali, specie quelle tecnologiche (una cosa a metà tra Apple e Google), lavorano per ottenere le informazioni dei loro clienti.
Nulla di realmente impegnativo sia chiaro, solo un MacGuffin, una foglia di fico, una blanda motivazione utile a mettere in moto l’azione, niente che realmente contamini la trama, niente che davvero sia indispensabile al senso del film. Se al posto della privacy si fosse inserito un qualsiasi altro problema, come i conflitti in Africa, non sarebbe cambiato nulla, perché il film in realtà si basa su altro. Sull’impalpabilità del cinema e dell’azione, sull’intrattenimento che passa davanti agli occhi e fugge lontano dalla memoria.

Now You See Me nel passaggio dal blando Leterrier al velleitario John M. Chu diventa con più decisione un film su un gruppo d’azione, non diverso da Fast & Furious (ne replica anche l’idea della costruzione di una famiglia alternativa, ma senza tutta quell’enfasi) o I Mercenari (da cui prende l’idea di persone lontane tra loro assemblate da qualcuno), un modo per mettere in cartellone moltissimi nomi noti contro un villain prestigioso ogni volta diverso. Stavolta tocca a un Daniel Radcliffe, sorprendentemente molto in parte, affiancare Michael Caine e Morgan Freeman nel ruolo del grande truffato, eppure molto poco cambia. In film come Now You See Me chiunque è sacrificabile e nessuno indispensabile perché il meccanismo conta più delle singole parti. Se una star se ne va, un’altra la sostituirà, come avviene per Isla Fisher, al posto della quale vediamo Lizzy Caplan con uguale resa.

Nonostante però il modello di questi film dovrebbe essere La Stangata, cioè il cinema di truffa, perché i loro trucchi hanno poco a che vedere con la vera magia (nonostante ostentino teorie sul guardare e il distrarsi) e molto con le truffe da heist movie, tutto è invece contaminato da un desiderio di stilizzare, di allontanarsi da ogni possibile realismo per avvicinarsi al reame della coolness esasperata. In Now You See Me, di nuovo, non è il background a contare (la storia di un uomo e suo padre, la grande associazione mondiale, le singole psicologie) ma la continua ripetizione di colpi di scena, voltafaccia e sorprese che, vista la maniera furiosa in cui si susseguono, ad un certo punto non sono più tali. Talmente poco conta la trama rispetto alla forma e al movimento, che un personaggio fondamentale per il primo film come quello di Melanie Laurent (l’amore con cui fugge Mark Ruffalo), non c’è più senza che nessuno se ne stupisca o senza che al sua uscita di scena sia spiegata.

Si tratta di tutte caratteristiche che, portate a questi estremi, non sembrano più appartenere al cinema americano, più incline a fingere interesse per una certa plausibilità, ma avvicinano il film decisamente più al cinema popolare cinese.
Ambientato in buona parte a Macao (senza una vera ragione che non sia di distribuzione), Now You See Me 2 ricorda molto i film di grande incasso che vengono dalla Cina, quelli fondati sempre sull’inganno, in cui gli scambi di persona sono il motore della gran parte delle situazioni, in cui il gioco preferito è quello sul doppio (subito nel film entra in scena un fratello gemello cattivo di Woody Harrelson, presentato fin dall'inizio come uno dei villain, e ogni situazione essendo un inganno ha una lettura doppia), in cui la truffa è l’espediente più abusato e nel quale per l’appunto si vende volentieri un po’ di plausibilità per molto stile, per scelte visive e per l’esaltazione. Addirittura, il film sembra adeguarsi agli standard sentimentali molto ingenui del cinema popolare orientale, sia per quanto riguarda il pudore che per quanto riguarda l’ingenuità nel descrivere e manipolare i sentimenti.

Continua a leggere su BadTaste