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È una commedia molto comica, che secondo me è la più tragica che abbia mai scritto". Con queste parole Eduardo De Filippo presentava la sua opera
Non ti pago. Le stesse che potremmo usare per l’adattamento realizzato da Edoardo De Angelis, che, dopo
Natale a casa Cupiello, prosegue la trasposizione filmica dei capolavori teatrali dell’autore napoletano. La storia ha come protagonista Ferdinando Quagliuolo, uomo ha ereditato da suo padre Saverio un banco lotto ma sogna di sbancarlo con una vincita straordinaria. Per questo motivo passa intere nottate sui tetti, affiancato dal fido Aglietiello, cercando di ricevere i numeri giusti da giocare osservando il cielo e le nuvole. Finalmente, il giorno della vincita arriva, ma a beneficiarne è Mario Bertolini, il suo giovane e già fortunatissimo impiegato, segretamente fidanzato con sua figlia Stella.
Quanto l’atmosfera nella casa dei Cupiello era gelida e fredda, così quella degli ambienti di Non ti pago gioca su colori accesi e ipersaturi, tra vestiti e vetrate sgargianti, su un versante iperrealista e surreale. Il protagonista sembra vivere in una dimensione magica tutta sua, tra comportamenti bizzarri e un egocentrismo senza freni. Come in un film di Wes Anderson, l’assurdità della situazione scaturisce anche per come i personaggi (Quagliolo ma anche tutte le altre figure maschili che gli girano attorno) non si rendono conto della propria nevrosi, continuando imperterriti nelle proprie faccende, in una corazza mai scalfita da quanto gli fanno notare gli altri.
Il ritratto di un padre avido e cinico e la dissoluzione del nucleo famigliare è un punto di contatto tra De Filippo e De Angelis, che ritroviamo anche nei film precedenti di quest’ultimo, come
Indivisibili. L'uomo finirà per accusare la madre e la figlia di tramare contro di lui, così come il suo defunto padre di essere apparso in sogno a Bertolini per dargli i numeri vincenti. La sua dimensione diventa quindi quella di un personaggio tragico e la narrazione apre parentesi riflessive e amare, che squarciano i toni comici del film. Rimaniamo dunque esterrefatti dalle sue parole e azioni, portate fino alle estreme conseguenze, e andando avanti con la storia le risate sembrano latitare e subentra un certo turbamento. Così, è messo in campo un continuo cambiamento di toni, che culminano nella farsa sfrenata del finale, dove euforia e mestizia sono ormai indistinguibili. Travalicando la semplice commedia, lo spettatore è dunque preso in contropiede e colto nel vivo.
In questa direzione, sono fondamentali due componenti che, lavorando in sintonia, evitano la semplice "messa in scena" di una pièce teatrale. Le musiche di Enzo Avitabile, accompagnamento continuo e sovente in primo piano, ci guidano in tutti i vari passaggi della narrazione; la regia di De Angelis si impegna a mostrare il suo occhio e la sua mano. Non un mero sfoggio esibizionista, bensì uno strumento utile ai fini dell’operazione. L’enfasi sui primi piani è funzionale a porre l’accento sul dramma vissuto dai personaggi; gli elaborati movimenti di macchina e la costruzione dell’inquadratura su più livelli a infondere una scansione narrativa che tiene avvinghiati. Il regista non si rivolge dunque solo ai conoscitori del testo originario, ma costruisce un’opera per un pubblico più ampio possibile, che può non conoscerne lo sviluppo, facendo leva su un senso di attesa continuo e sui diversi colpi di scena.
Poteva sembrare facile e scontato "portare a casa" il risultato, partendo da un testo di un maestro come De Filippo. Eppure, tra i tanti adattamenti per il piccolo e grande schermo nel corso degli anni, di scivoloni ne abbiamo visti parecchi, come recentemente Mario Martone con
Il sindaco del Rione Sanità. De Angelis invece continua sul solco tracciato da
Natale a casa Cupiello, riuscendo, nella giusta commistione tra fedeltà di partenza e freschezza negli intenti, a far rivivere a pieno l’opera.