Non Mentire 1×03, 1×04: la recensione

La recensione del terzo e del quarto episodio di Non Mentire

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
TV

C’è un clamoroso braccio di ferro che anima ogni puntata di Non Mentire. È quello tra nuova serialità e vecchia serialità, tra fiction e serie tv. È una tensione che esiste già nel materiale di partenza, nella serie britannica, ma qui per la particolare forma che la fiction ha preso sulle reti generaliste italiane (sia il gruppo RAI che il blocco Mediaset, ognuno con le sue peculiarietà, il suo carattere e il suo stile) è accentuata sul lato della condiscendenza verso il pubblico. E Non Mentire non è un prodotto condiscendente, questa è la sua grande contraddizione, è una serie che tramite una trama thriller mira ad educare alla parità di genere e ai diritti delle donne di essere padrone del proprio corpo e di una vita sessuale autonoma,non concessa dagli uomini. Mira quindi a sfidare una alla volta le convinzioni radicate, la mentalità diffusa e le argomentazioni retrograde.

Questa serie che non è mai condiscendente nei presupposti però poi molto spesso lo deve essere nel suo contorno e nella sua forma. Per tutta la terza puntata Non Mentire lavora sulle domande giuste invece che sulle risposte che conosciamo già, cioè non mira a dire “Le donne non si violentano” (cosa che può sembrare paradossale ma che è invece la maniera in cui la fiction generalista affronta temi simili, ribadendo ciò con cui è facile per tutti concordare) semmai ambisce a ricreare gli interrogativi più frequenti sulla materia (“In un caso ambiguo con chi si sta?”, “Quanto dobbiamo credere alla vittima?”, “Ma l’accusato non ha anche lui diritto a non essere infamato?”, “Ma se lo fai salire a casa poi non sei in diritto un po’ di dargliela?”) per risolverli nella storia, sentimentalmente, mostrando a cosa si va incontro se si vive tutto dalla parte della vittima.

Perché adesso c’è una vittima certificata tra i due. La terza e quarta puntata portano con sé lo svelamento della domanda alla base della serie. Il dottore è un violentatore e non è la prima volta che lo fa, ha un rapporto malsano con le donne e ha fatto in modo che la moglie si suicidasse. Addirittura in una svolta che non è proprio il massimo della plausibilità, invece che tenere un profilo basso, parte anche all’attacco della stessa persona che indagava su di lui prima che il caso fosse archiviato, di fatto saltando tutto insieme dalla parte dei cattivi. Mentre scopriamo il suo passato e ogni dubbio è fugato sul suo presente, lui lavora già al suo futuro da violentatore con nuovi appuntamenti e nuove vittime.

Qui entra l’altra parte del braccio di ferro, cioè la capacità di questa serie di essere anche un fiction, il colpo alla botte che assesta ai contenuti Mediaset come siamo abituati a conoscerli. Come nell’originale anche qui c’è una svolta relativa ad una ragazza che deve abortire, la cosa porterà la professoressa e il dottore di nuovo vicini, ma questa volta li costringerà a collaborare. È un tipo di segmento molto più melò di quel che il genere non comanderebbe, una specie di piccola conciliazione davanti alle esigenze di una ragazza. È una parte che per tono e stile narrativo non c’entra niente con il resto della storia, stona e non troveremmo mai in una serie tv di nuova generazione perché ne annacqua se non proprio svia la costruzione drammaturgica dell’indignazione. È di fatto una piccola vacanza dall’incubo della protagonista e l’evento che spiana la strada alla puntata 4.

Mentre infatti la 3 conserva ancora buona parte del lavoro sul mistero e sull’ambiguità, cioè ciò che rende questa serie moderna, dalla quarta si entra nel territorio dello svelamento, si scopre chi è il cattivo tra i due e i cancelli della fiction si spalancano. Diventa a questo punto difficilissimo riconoscere sprazzi di scrittura sagace e Non Mentire comincia a girare intorno alla sua funzione didattica, all’educazione del pubblico ad una visione equilibrata dei diritti ad una vita sessuale autonoma di una donna con scarse concessioni ad un buon thriller. Anche il personaggio del preside uscito dal passato della professoressa (interpretato davvero bene) lavora proprio su questo: un’altra maschera di maschilismo e oppressione femminile che prima era ambigua e gradualmente viene svelata per quello che è. Un altro tassello del complotto del mondo degli uomini che cerca di salvare se stesso (letteralmente, lui esce dal passato per condannare la protagonista alleandosi con il suo aguzzino).

Così sempre di più Non Mentire rallenta il suo ritmo che invece nelle prime puntate era decisamente più elevato. Si assesta, si siede e comincia anche a svelare le sue carte per tempo. Preziosi smette di assumere espressioni da cane bastonato innocente ed ha solo uno sguardo truce, annunciando con buon anticipo lo svelamento in modo che non sia una vera sorpresa, in modo che la consapevolezza della svolta sia già maturata nello spettatore e questo attenda solo la conferma dalla trama.

Rimane da capire soltanto come le ultime due puntate vorranno trattare la risoluzione finale. Ora Non Mentire, oltre a risolvere le sue linee di trama da soap (tradimenti, agnizioni, amori matrimoniali…), da thriller diventa un giallo (sempre in teoria) cioè deve dare la caccia ad un colpevole tramite un’associazione tra donne (oltre alla protagonista, anche la poliziotta e la vittima dal passato). Sarà quindi sempre più difficile trovare in questi generi cui il pubblico generalista è assuefatto degli scampoli di nuova televisione.

Continua a leggere su BadTaste