Non ce la faremo mai trasforma i The Pills in personaggi da Italia 1

Le nostre impressioni sul primo episodio di Non ce la faremo mai, il Late show di The Pills in onda per 4 venerdì a partire da ieri su Italia Uno alle 23.55

Critico e giornalista cinematografico


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La prima cosa da dire su Non ce la faremo mai, il Late show (come lo definiscono loro stessi) di The Pills in onda per 4 venerdì a partire da ieri su Italia Uno alle 23.55, è che di certo è in target. Il programma ha tutte le caratteristiche più classiche degli spettacoli ospitati dal canale Mediaset. La sua collocazione notturna poi concede ai Pills di non doversi reprimere e poter spaziare negli argomenti e nelle battute come fanno già nei video online, invece di tenere un regime più sobrio e consono a ciò che si vede in televisione. Dunque su Non ce la faremo mai si parla di droghe, ci sarà Valentina Nappi nelle prossima puntata, si usano parolacce come intercalare e via dicendo.

Il programma è costruito con una facciata classica da Late Show, con tanto di band in studio e ironie su Cattelan, con dei contributi registrati (con un po’ di pigrizia mandano anche vecchie puntate dei pills già viste online) e con contributi fatti ad hoc in collaborazione con Frank Matano e Edoardo Ferrario. Sono video che tentano il durissimo compito di fare da ponte tra il linguaggio che questi tre hanno creato, sviluppato e fatto maturare online e quello che invece parla la tv.

Innegabile quindi che i video siano la parte più importante e interessante. Frank Matano riesce a dare il suo meglio, scrollandosi di dosso l’umorismo più facile che spesso gli viene cucito addosso e dimostrando di avere ben altre doti e testa; Edoardo Ferrario invece è sempre di più una garanzia, lavora con i suoi personaggi e li adatta ad un segmento sugli italiani all’estero. Se infatti Matano viene inserito nelle strutture demenziali “camera e cucina”, entrando di fatto nelle clip in stile The Pills, Edoardo Ferrario sconfina ogni volta in un paese diverso (si inizia con il Pips in erasmus a Barcellona), portando con sè anche il suo stile di messa in scena e i suoi collaboratori (Matteo Keffer in primis).

Segmenti ricorrenti invece sono quelli di Fame chimica e Nobili coatti. Il primo è un paradossale inserto di cucina in cui l’attore Valerio Aprea interpreta uno chef intento a spiegare ricette semplici per quando sopraggiunge la fame da droga. Ingredienti scaduti, frigo vuoti e abbinamenti impossibili, sono illustrati facendo attenzione anche a quali tipi di marijuana o hashish possono sposarsi meglio. Funziona.

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Il secondo invece sembra zoppicare un po’ di più, è più demenziale e vede dei coattoni romani atteggiarsi da nobili del ‘700 (parrucconi e vestiti inclusi) con conseguenti effetti comici paradossali.

Per essere un Late show a tutti gli effetti infine il programma deve avere anche degli ospiti. Nella prima puntata (che poi come tutte quante è l’unione di due puntate) sono Enrico Lucci delle Iene e Alessio Sakara (campione del mondo di arti marziali miste). Forse non casualmente due romani.

L’intervista con il primo è condotta su un tono molto informale nel retro del palco, simulando un backstage letterale (cioè proprio dietro alle quinte) e non funziona molto. Lucci non parla volentieri e non si scopre, interagire con lui è difficile e questo mette in risalto quanto The Pills non siano intervistatori di professione. Lavorando su un canovaccio di domande e cercando di provocare qualche reazione o anche solo dell’umorismo improvvisato non riescono a rendere Lucci interessante e lui in primis fa di tutto per non esserlo. Il risultato è abbastanza noioso. Non è chiaro perché si sia deciso di partire con un’intervista così difficile.

Dall’altra parte invece l’intervista con Sakara è un gioiellino. In quel caso i tre riescono a tirare fuori quello che altri intervistatori più navigati non sarebbero riusciti a far uscire. Giocando sul terreno del comico (c’è anche un piccolo sketch con lui dal finale esilarante) e lavorando proprio sulle curiosità più basilari riguardo ad un campione di arti marziali miste, i tre tirano fuori tutto ciò che lo spettatore vorrebbe sentire.

Rimane la parte in studio (un bello studio) con un’ottima band e il pubblico, niente di più classico, una struttura che sembra essere messa in piedi perché i pills possano romperla quanto più possibile, muovendosi continuamente tra scena e fuori scena, stando più dietro le quinte che effettivamente sul palco. Alle volte possono mettersi in un angolo seduti per terra a fumare, altre possono annunciare davvero loro quel che sta per accadere, altre ancora lo lasciano fare a Filippa Lagerback (che poi non è Filippa Lagerback).

Trasgressioni semplici ad un linguaggio ingessato che non è più tale da quasi nessuna parte e forse non è davvero mai esistito su Italia Uno. Per questo Non ce la faremo mai sembra perfettamente in tono con il canale, il suo atteggiamento anticonformista si conforma alla perfezione con la missione giovanilista della rete. E anche The Pills, che giovanilisti non sono mai stati (al massimo giovani davvero, almeno prima che facessero 30 anni), hanno piegato i loro tre personaggi (il matto, il rigoroso e lo swag) nella maniera migliore.

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