Non C'è Campo, la recensione

In un paesino di provincia una scolaresca in gita non può usare il cellulare perchè: Non C'è Campo. Quel che accadrà sarà meno interessante dello spunto

Critico e giornalista cinematografico


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Federico Moccia ha costruito una carriera sulla rappresentazione dei ragazzi a partire da un romanzo, poi film, di grandissimo successo, Tre Metri Sopra Il Cielo. Quella era una storia di grande fascino, fondata su un meccanismo eterno che gli preesisteva ma condotta con la fiducia in essa, il tono e l’ingenuità giusti per fare breccia. Da lì in poi la sua produzione al cinema è diventata qualcos’altro, racconti molto poco classici e non più fondati su strutture eterne di provato successo, che indugiano più che altro sugli oggetti e i luoghi della gioventù. Vestiti, auto, discoteche e un armamentario di product placement su cui trionfano ovviamente i telefoni cellulari, stavolta realmente al centro dell’intreccio.

Cosa accade ad una classe di adolescenti se li si porta in un paesino in cui i telefoni non prendono? Sostanzialmente entrano in una commedia italiana contemporanea, di quelle in cui qualcuno si muove dalla città alla provincia e nel fare questo si sposta anche indietro nel tempo, inizialmente a disagio ma sempre più consapevole di stare così riconquistando i veri valori tramite l’abbandono dello stile di vita moderno simboleggiato dalla tecnologia. Con ancora più perverso passatismo addirittura qui Moccia identifica proprio il processo dello schiudersi della sensibilità nell’animo di un adolescente con l’abbandono della tecnologia.

Ma quel che affossa davvero Non C’È Campo è quanto faccia fatica a muoversi attorno al proprio spunto, tanto ne è innamorato. Invece che partire dall’assenza di cellulari per andare altrove, si aggrappa a quell’idea non appena può, finendo per non avere un grande intreccio a parte quello, solo storielle. Riempito di una colonna sonora senza alcuna personalità ottima per fiction Rai, al pari di canzoni nello stile Disney Channel, questo nuovo film di Moccia rappresenta ancora una volta ragazzi castigatissimi che parlano molto di sesso con grandissima innocenza, senza conoscere o riconoscerne il piacere. Il fine è sempre il sentimento, mai il piacere (tanto che la ragazza più disinibita della compagnia è quella che ne esce peggio), in un'unione di grande ingenuità giovanile e provocazione sessuale che non si concretizza mai, o forse si concretizza altrove, in altri film, altre storie, altri paesi dove il cellulare prende meglio.

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