Noi Siamo Tutto, la recensione

Garbato e giocato su colori pastello chiaro, a Noi Siamo Tutto manca la rabbia utile ad alimentare il sentimento anche quando la storia lo consentirebbe

Critico e giornalista cinematografico


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Non c’è amore adolescenziale che una malattia possa arrestare ma Noi Siamo Tutto ci si mette d’impegno per diventare la love story clinica più estrema. Maddy infatti sembra la personificazione dello spunto narrativo, una ragazza che ha una grave forma di immunodeficienza e non può mai uscire di casa perché il contatto con l’esterno e i germi potrebbero farla ammalare. Vive in un’abitazione di opulento design e colori pantone chiaro, tutta Ikea e pulizia, mani lavate e sterilizzazione all’ingresso per i visitatori, così da non contaminarsi. È praticamente lì pronta per innamorarsi e poi ammalarsi, serve solo una spintarella. La fornirà Olly, il nuovo vicino dal rapporto burrascoso con la famiglia, che già il primo giorno comincia a fissarla dalla finestra.

Si conosceranno prima via messaggi e linguaggio dei segni, poi finalmente si incontreranno e tra mille difficoltà cercheranno di stabilire un rapporto.

Maddy è come un fucile, mostrata ad inizio film nella sua condizione ipercagionevole, è destinata inevitabilmente ad ammalarsi nel corso della storia. Gli eventi di Noi Siamo Tutto però non sono interamente prevedibili.

La maniera garbata in cui questo film tratto dall’omonimo romanzo di Nicola Yoon mette in scena le dinamiche tipiche della liberazione adolescenziale dal nido materno, i rischi di diventare autonoma, la necessaria decisione che serve per andare contro i precetti dei genitori e stabilire una maniera autonoma di vivere sono molto diretti ma non per questo inefficaci.

È semmai dal lato sentimentale che il film è più indeciso. Con un paio di buone idee all’inizio per mettere in scena il corteggiamento, Noi Siamo Tutto si perde nel momento delle fughe romantiche e delle prime volte, mancando di sottolineare proprio quel sentimentalismo che solitamente è invece il fulcro di tutto. Come se temesse il rischio di sfociare nel kitsch (cosa che in questo genere è invece un dovere morale!), Stella Meghie si limita a replicare nella messa in scena colorata e solare l’innocua innocenza della storia. Anche i più sorprendenti eventi finali, che potevano essere caricati di una certa rabbia, anche il rapporto tra Olly e la sua di famiglia, che dovrebbe essere improntato sulla guerra aperta e sul conflitto generazionale, sono sorvolati o appianati con poco.

Più che il sogno di una persona in cerca d’amore, Noi Siamo Tutto somiglia alle fantasie di una madre per la propria figlia.

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