Noi e la giulia, la recensione
Quando in Noi e la giulia, arriva la parte centrale, quella che funziona e dà respiro al film, è ancora più chiaro quanto il resto del film arranchi
In città tutto va male, c'è chi fa un lavoro che odia, chi tira a campare con espedienti e debiti, chi è creditore ma ha perso ormai la famiglia da tempo e chi fa fallire la gastronomia di famiglia (attiva dal 1910!), l'unica possibile salvezza, ancora una volta nel cinema italiano, è la campagna. Lontano dalla città i 3 soci fuori dal comune che presto diventeranno 4 e poi 5 e 6 con le aggiunte meno probabili, mettono in piedi un agriturismo, ristrutturano, arredano, organizzano e quando, ad un passo dall'inaugurazione, si presenta la camorra per esigere il pizzo, in un impeto di furia tramortiscono il messo e lo nascondono, sperando di guadagnare tempo.
Per la maggior parte del tempo quindi l'impressione è che il film metta insieme degli attori e non dei personaggi. Argentero, Fresi, lo stesso Edoardo Leo, Claudio Amendola e Anna Foglietta hanno ognuno un personaggio molto colorato, estremo, spesso dotato di un dialetto e dai tratti marcati, una base ottima per partire ma che rimane per l'appunto un aggregato di caratteri e mai una ricetta completa. Sembrano le prove e non lo spettacolo, quando tutti gli attori mettono a punto l'interpretazione, hanno chiaro il personaggio che interpretano ma non lo calzano con la comodità che serve a dare armonia. Solo Buccirosso, come sempre, è evidentemente inserito nel flusso narrativo (forse la vera grande dote di questo attore particolarissimo che sembra non sbagliare film nemmeno quando li sbaglia).