No - I giorni dell'arcobaleno, la recensione
A un anno dal suo passaggio a Cannes arriva uno dei film più interessanti del 2012, una storia vera raccontata con colori e stile d'epoca come mai la si era vista...
Ci ha messo un anno ad arrivare da noi (da che nel 2012 aveva vinto la Quinzaine des realisateurs) uno dei film più stimolanti e interessanti dell'annata.
Il risultato è un period movie in cui i costumi e le pettinature non stonano con i colori delle immagini, in cui il materiale di repertorio è visivamente indistinguibile da quello di finzione e che cerca di raccontare quel momento storico a partire dalla memoria audiovisiva, cioè per come lo ricordiamo oggi e dalle immagini che rimangono di esso.
Certo No ricorre anche ad una buona dose di ruffianeria, calca la mano sul piacere della lenta e vittoriosa conquista dei diritti civili e sulla vittoria dei migliori sui peggiori ("Gli artisti li hanno tutti loro a noi è rimasto il fondo del barile" commenta ad un certo punto il creativo del fronte avverso), tuttavia Larrain si chiede anche fino a dove sia giusto spingersi per far trionfare un ideale positivo, se cioè vendere plastica sotto forme delle menzogne indorate delle pubblicità sia accettabile per abbattere un regime, bilanciando molto bene esigenze commerciali, conquista del pubblico e rigorosa etica personale. Così di volta in volta gli spot anni '80 modello Coca Cola sono espediente comico, crescendo sentimentale e pura ridicolaggine. Un lavoro sulle immagini e su loro valore prettamente estetico e superficiale come non lo si vedeva da anni.