No escape - Colpo di Stato, la recensione
Perfetto B movie dal presupposto stringente, No Escape tradisce un po' il suo spunto ma si fa perdonare con una chiusa più che ragionevole e sensata
Una famiglia si reca in Tailandia per lavoro: madre, padre e due bambine piccole. Dopo nemmeno 24 ore dal loro arrivo il primo ministro viene ucciso e un gruppo di rivoluzionari inizia una vera guerra in strada contro la polizia, un massacro sanguinolento e diffuso in tutta la città che pare non risparmiare nessuno. Il bersaglio sono proprio gli americani, dipendenti di una compagnia che lavora agli acquedotti. Il colpo di coda invece sta nel fatto che il protagonista della storia è un uomo medio, per nulla avvezzo ad intrighi e situazioni d’azione. In questo la scelta di Owen Wilson è perfetta.
Nonostante questi innegabili difetti lo stesso No Escape rimane un esperimento più che riuscito. John Eric Dowdle continua a dimostrare una capacità di creare immagini spaventose non comune (la sequenza iniziale con la corsa della guardia del corpo che culmina con i ribelli già insediati è perfetta e l’immagine che la chiude quasi paurosa) e questa sua capacità spesso si trasferisce nelle sequenze d’azione più vorticose. Del resto, a parti inverse, era quello che si poteva ammirare in Necropolis, un horror contaminato da ottima azione. Non a caso in No Escape, pur non essendoci situazioni di paura, la dinamica della “minaccia” e soprattutto la sua origine somigliano molto alle fiamme che incendiano le storie horror. Si parla di peccati collettivi scontati tutti insieme e con gli interessi.