Nioh, l'action tradizionale incontra i Soulsborne - Recensione

La nostra recensione di Nioh, l'action game di Team Ninja ambientato nel Giappone feudale, a metà tra la realtà storica e la mitologia nipponica

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Dire che lo sviluppo di Nioh sia stato travagliato sarebbe un dolce eufemismo. Annunciato da Koei nell’ormai lontanissimo 2004, il gioco si basava su una sceneggiatura inedita e mai completata di Akira Kurosawa e, almeno nelle intenzioni degli sviluppatori, avrebbe dovuto far parte di un grande progetto crossmediale del quale avrebbero dovuto far parte anche film, libri e fumetti.

Il progetto si trascinò fino al 2010 quando Koei Tecmo, nata dalla fusione delle due compagnie, chiese a Team Ninja di supervisionare la parte action del gioco. Passarono altri due anni e, nel frattempo, Nioh finì per intero nella mani dei creatori di Ninja Gaiden, i quali, dopo un paio di versioni alpha e qualche playtest, lo archiviarono, almeno fino al 2015 quando, grazie all’intervento di Sony, il gioco tornò in vita come esclusiva per PlayStation 4. Oggi, a tredici anni dall’annuncio originale, Nioh arriva finalmente sulle nostre console e, come The Last Guardian o Final Fantasy XV, le forche caudine del gaming moderno sono pronte a non perdonarlo.

[caption id="attachment_168349" align="aligncenter" width="600"]Nioh screenshot La battaglia di Sekigahara, evento storico, è presente in Nioh[/caption]

Ambientato nell’anno del Signore 1600, il gioco ci mette nei panni di William, un marinaio inglese che, per una serie di sfortunate coincidenze, si troverà in Giappone (anzi, nel Cipango, per usare un termine in voga all’epoca) proprio all’alba della guerra civile che vedrà vincitore lo shogun Tokugawa. Oltre che con le katane e le primissime armi da fuoco, però, ce la dovremo vedere pure contro nemici soprannaturali e, in particolare, contro uno stregone desideroso di usare dei misteriosi cristalli per, rullo di tamburi, dominare il mondo.

"Team Ninja non cerca i rarefatti estremi di FromSoftware, non spinge al limite le frustrazioni del gaming ma le incanala in un modello di gioco molto più leggibile"

Nioh non fa mistero di ispirarsi a due caposaldi del videogioco contemporaneo, Dark Souls e Bloodborne. Se in termini di sfida e difficoltà il Team Ninja non ha molto da invidiare a nessuno, dai capolavori di FromSoftware gli sviluppatori hanno ripreso l’ormai classico sistema della stamina (qui chiamata Ki) e il modello di checkpoint basato sui falò (in Nioh sono templi, ma funzionano allo stesso modo). Rispetto soprattutto a Dark Souls, però, il Team Ninja ha reso i movimenti del protagonista e il sistema di controllo molto, ma molto, più reattivi, evitando quella goffaggine che tutti i fan di FromSoftware hanno imparato ad amare (o odiare). Il risultato è un ibrido strano, una sorta di punto d’incontro fra gli action classici e i cosiddetti Soulsborne.

Nioh è meno severo dei suoi ispiratori ma, al tempo stesso, riesce a offrire un livello di sfida ben superiore a quello di buona parte degli altri giochi della categoria: Team Ninja non cerca i rarefatti estremi di FromSoftware, non spinge al limite le frustrazioni del gaming ma le incanala in un modello di gioco molto più leggibile, con una trama definita e livelli che, seppur piuttosto estesi, indicano sempre abbastanza chiaramente la direzione da seguire.

[caption id="attachment_168350" align="aligncenter" width="600"]Nioh screenshot Non ci sono solo lame nell'arsenale di William[/caption]

Nioh funziona quando le ispirazioni, per non dire alcuni veri e propri calchi, presi da Bloodborne e Dark Souls si incardinano al meglio nel classico gameplay del Team Ninja, con la sua tendenza alle manovre aggressive e ai movimenti veloci. Se Dark Souls e fratelli non concedono nulla nemmeno al benché minimo errore, Nioh mostra un volto leggermente più amichevole ma lo fa per spingere il giocatore a un approccio non troppo timoroso. Nel complesso il lavoro del Team Ninja è più che lodevole e, per la prima volta, la formula inventata da FromSoftware sembra funzionare anche senza il tocco di Miyazaki San.

Certo, in Nioh non c’è nulla di davvero nuovo e l’intero impianto del gioco può apparire piuttosto derivativo ma, dopotutto, una macchina per funzionare bene e piacere al pubblico non ha bisogno di reinventare ogni volta la ruota. Allo stesso modo anche nei videogiochi a volte una buona esecuzione funziona meglio di un’innovazione malriuscita.

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