Ninjababy, la recensione

Dietro la patina di una commedia romantica e dietro un film di gravidanza non voluta c'è tutta un'altra storia, tutta un'altra sensibilità

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Ninjababy, in uscita al cinema il 13 ottobre

Il fatto che ad un certo punto la protagonista di Ninjababy, dopo aver scoperto di essere incinta a seguito di una singola serata di sesso con tutte le precauzioni del caso, distrutta dalla notizia e da quello che implica per la sua vita di irrisolta 23enne dica tra sé e sé: “Siamo in Norvegia. Posso abortire!”, non suona come un’affermazione riguardo la condizione sanitaria del paese ma una riguardo il film stesso. Ninjababy, nel mare di storia riguardo gravidanze non volute che si vedono al cinema, si distingue subito perché non racconta di qualcuno che non riuscirà ad abortire o dovrà farlo in condizioni ingiuste (come accade nella maggior parte dei casi), è un film norvegesse e quindi mira ad altro. Infatti nella clinica per l’aborto scopriamo assieme alla ragazza che è incinta non da poche settimana ma da 7 mesi, nonostante non ci siano segni ingrossamento della pancia e lei abbia trascurato qualsiasi altro segnale (dalle voglie alle nausee).

Tutto il percorso della storia sarà non tanto quello più evidenza tra ricerca del vero padre, di una famiglia adottiva e di una via d’uscita da questo evento che viene vissuto come una tragedia, ma un’esplorazione dei rapporti umani, delle scelte e di uno dei coming of age meno comuni che si siano visti. Il percorso per diventare madre è una maniera per confrontarsi con Dick Jesus, così chiamato per come si presenta, vero padre del bambino, frequentato ad intermittenza e verso il quale c’è pochissima stima (lui poi non è che faccia molto per causare un cambio di idea), ma anche per confrontarsi con l’altra linea romantica, Mos, insegnante di Aikido goffissimo e molto nerd che sembrava inizialmente essere il padre. L’ennesima notte di sesso decisa con superficialità e rigettata il giorno dopo.

Entrambi questi rapporti così fallimentari e presentati anche allo spettatore come insufficienti, perdenti e senza sbocchi, sono in realtà il tamburo battente sotterraneo del film tramite il quale Ninjababy cerca di rivedere lo schema base della commedia romantica. Non dimentica mai di essere una commedia (c’è il bambino disegnato e animato che parla con la protagonista cercando di indirizzare le sue decisioni) e costruendo molto bene il suo sentimentalismo che, proprio come la futura mamma, sembra negato a lungo per poi esplodere quando meno ce lo si può aspettare. Yngvild Sve Flikke, che il film lo dirige e co-scrive, dimostra una gran capacità di rivoluzionare i piccoli schemi del cinema senza distruggerli, ma anzi piegandone le regole a sufficienza per raggiungere il proprio fine, una piccolissima scintilla disegnata sullo schermo mentre la protagonista sente una persona parlare di lei e capisce (assieme a noi) di provare qualcosa. Questo è Ninjababy, la costruzione del sentimento femminile dentro una ragazza che si vantava di non averne.

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