Ninja-K vol. 1: I dossier ninja, la recensione
Abbiamo recensito per voi il primo volume di Ninja-K, di Gage, Giorello, Ryp, Olivetti e De La Torre
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Non è un bel momento quello che sta attraversando Colin King, meglio conosciuto come Ninja-K: l’agente segreto al servizio di Sua Maestà ha dovuto affrontare diverse minacce che hanno messo a dura prova le sue convinzioni. Il ninja cresciuto con gli insegnamenti del Monaco non morto ha visto la sua vita e i suoi ricordi andare in frantumi, distrutti dalle macchinazioni della folle Roku. Le cattive notizie, si sa, non vengono mai sole e il tentativo di tornare alla normalità è stato bruscamente interrotto da un’improvvisa serie di omicidi, delitti che stanno eliminando i precedenti agenti speciali dell’MI6.
Dopo l’intensa run di Matt Kindt, la serie cambia titolo e passa nelle mani di Christos Gage, il quale nel suo primo arco narrativo decide di tornare a utilizzare un registro stilistico più vicino agli esordi del protagonista: le atmosfere spionistiche puntano a tenere il lettore con il fiato sospeso, mentre sullo sfondo si articola una vicenda ben orchestrata che svela il passato dell’organizzazione di cui fa parte.
Bilanciando brillantemente vibranti sequenze di scontro e flashback ambientati in diverse epoche, lo scrittore di origine greca riesce a creare una solida mitologia di Ninja-K del Programma ninja, descrivendo le circostanze che hanno portato alla nascita della divisione dell’MI6, mantenendo sempre alto il livello d'interesse del lettore.
Tra intrighi internazionali, spie e seducenti presenze femminili, il volume edito da Star Comics risulta una piacevolissima lettura in grado di reggere il confronto con quanto realizzato in precedenza dal demiurgo di casa Valiant, Matt Kindt, e a creare buone aspettative per il futuro del titolo. Per tenere a battesimo un esordio così atteso sono stati chiamati a raccolta alcuni degli artisti più caldi in forza alla casa editrice, tra cui spicca il nome di Tomás Giorello.
Dopo averlo ammirato sulle pagine di X-O Manowar, l'abbiamo visto caratterizzare un ottimo evento come Harbinger Wars II; qui l’artista argentino è ancora una volta artefice di una prova di alto profilo in cui, brillantemente sostenuto dai colori di Diego Rodriguez, riesce a cattura tutta la tensione dello storyarc; le sue anatomie, sempre potenti, non perdono mai di fluidità nelle scene d’azione, riuscendo a coniugare espressività e dinamismo in ogni circostanza.
Oltre a Giorello, ritroviamo lo stile asciutto di Roberto De La Torre, che ci aveva lasciato un ottimo ricordo con Ninjak/Shadowman: Rapture, Juan José Ryp con il suo inconfondibile crudo realismo, e l'ottimo Ariel Olivetti, all’opera su Conclusioni e inizi, brevi storie che ripercorrono il passato della divisione.