Nightmare Cinema, la recensione

La recensione del film antologico Nightmare Cinema, presentato al Lucca Film Festival e Europa Cinema 2019

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Nightmare Cinema è il nuovo film horror antologico che unisce cinque diverse storie realizzate da altrettanti registi con lo scopo di raccontare paure e incubi tramite l'espediente di una sala cinematografica apparentemente deserta gestita dal misterioso Proiezionista, ruolo affidato a Mickey Rourke, che proietta sul grande schermo ciò che si cela nell'animo di chi, per caso e incautamente, entra attirato dal titolo del film in programma, inspiegabilmente legato alla propria vita. Come ogni progetto antologico, la qualità e lo stile dei singoli episodi non si mantiene costante, regalando in alcuni casi dei contenuti davvero sorprendenti e in altri situazioni già viste. Il continuo modificarsi di atmosfere e tematiche rende la visione scorrevole e coinvolgente, passando da una storia all'altra senza passaggi a vuoto, rivelando solo nel finale l'intrigante espediente narrativo legato al Proiezionista.

Il primo degli episodi si intitola The Thing in the Woods e alla regia c'è Alejandro Brugués che propone un racconto inizialmente strutturato come un tradizionale slasher movie con una coppia inseguita da un terrificante assassino in una foresta, dopo un weekend trascorso con gli amici, e prosegue con una svolta inattesa e divertente.

Joe Dante firma invece Mirare: una donna (Zarah Mahler), sfigurata in volto quando era una bambina, pensa di aver trovato la sua anima gemella e quando il giovane le propone di sottoporsi a un intervento chirurgico, per arrivare al matrimonio senza le ansie legate al suo aspetto, accetta senza esitazioni, ritrovandosi alle prese con il Dr. Leener (Richaerd Chamberlain) e a un'idea di perfezione che potrebbe avere delle sfumature dark.

Mashit propone un approccio sanguinoso alla tradizionale storia di possessione: il regista Ryûhei Kitamura non esita a mostrare preti che hanno relazioni inappropriate, bambini demoniaci e apparizioni tra i corridoi dell'istituto religioso terrificanti.

David Slade, dopo il lavoro compiuto in Black Mirror, usa nuovamente il bianco e nero per seguire quello che accade a Helen (Elizabeth Reaser), una donna che sta attendendo il suo appuntamento nella sala di attesa di uno psicologo insieme ai due figli, mentre intorno a lei la realtà sta iniziando a trasformarsi, con persone che assumono aspetti deformati e le superfici che vengono ricoperte di una sostanza oscura.

Mick Garris, che si è occupato anche delle scene dedicate al Proiezionista, ha infine diretto Dead in cui un ragazzino riesce a sopravvivere a un attacco violento, ritrovandosi però alle prese con eventi al limite del sovrannaturale in ospedale, dove la sua vita potrebbe essere nuovamente essere in pericolo.

La totale libertà concessa agli sceneggiatori e ai registi permette a Nightmare Cinema di offrire agli spettatori una panoramica piuttosto ampia dei possibili significati del termine "horror" all'interno del settore cinematografico, risultando senza alcun dubbio interessante per chi ama il genere. Brugués regala, forse inaspettatamente, una buona dose di ironia nel fare a pezzi i clichés degli slasher, pur facendo i conti con un cast non particolarmente brillante. Dante propone invece l'episodio del progetto antologico più aderente con la realtà, proponendo il suo approccio "tagliente" all'ossessione per l'esteriorità e al desiderio di omologarsi a un'idea di bellezza irraggiungibile.

Mashit, firmato dal giapponese Kitamura, non esita a superare i limiti con un confronto tra bene e male che si trasforma in un bagno di sangue che colpisce più per la capacità di non preoccuparsi delle potenziali critiche legate al modo in cui viene rappresentata la Chiesa cattolica e alla decisione di non avere remore nel coinvolgere nel massacro anche dei bambini.
Slade regala l'episodio più affascinante dal punto di vista stilistico e la bravura di Elizabeth Reaser sostiene un viaggio in una psiche fragile che confonde i confini tra finzione e realtà permettendo di dare vita a un thriller psicologico che inquieta e mantiene alta la tensione fino al suo epilogo.

Mick Garris confeziona infine con Dead un racconto poco spaventoso ma costruito con attenzione, oltre a occuparsi dell'introduzione del Proiezionista, parte che ben si adatta alla fisicità e alla personalità di Rourke, che rappresenta una figura enigmatica e misteriosa di cui si vorrebbe conoscere qualche dettaglio in più. Il limite del progetto è proprio quello di introdurre una storia più ampia, con un finale intrigante, che è stata ideata per avere una continuazione, destinata probabilmente al piccolo schermo con una formula simile a quella di Masters of Horror, una delle serie più interessanti proposte negli ultimi anni grazie al suo coinvolgimento di alcuni maestri del cinema.

La natura antologica non permette infatti di far evolvere in modo adeguato lo spazio dato al gestore della misteriosa sala cinematografica e lo spettatore rimane con la curiosità di scoprire qualche incubo in più tra quelli conservati dal Proiezionista, esplorando così qualche nuovo lato delle paure umane.

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