Night Teeth, la recensione
Il mondo della notte di John Wick in mano ai vampiri in una storia di rivoluzione, ascesa sociale e confusione. Questo è Night Teeth
Niente di più cool di un bel mondo notturno nascosto, uno sulla falsa riga di John Wick, fatto di gilet e neon, di divani e poltrone Chesterfield, di uffici con vetrata e case di design, di auto berline nere pulitissime che riflettono i fari dei lampioni, fatto di regole che sono in piedi (almeno) da un secolo e che il resto della popolazione ignora. Night Teeth questo racconta, solo scambiando i gangster con i vampiri, anche se a dire il vero i vampiri avrebbero la primogenitura su questa idea, sul fatto cioè che vivano di notte, abbiano regole loro e usi e abitudini di alto rango, solo che Brent Dillon scrive a Adam Randall dirige il film proprio per richiamare John Wick. La trama vede due vampire di una gang che pianifica di prendere il potere e interrompere la tregua che fa sì che gli umani non sappiano dell’esistenza dei vampiri, tenere in ostaggio un autista a noleggio per scarrozzarle nella nottata di rivoluzione, almeno fino a che una delle due non finisce per innamorarsene.
La realtà è che Night Teeth ha una storia difficilissima in mano a qualcuno che pensa sia semplice. Perché c’è un prigioniero che si innamora della sua carceriera, una persona che potrebbe ucciderlo in ogni momento e minaccia la sua famiglia. Sarebbe complicatissimo da rendere credibile ma Night Teeth risolve tutto facendoli semplicemente guardare languidamente e far diventare teneri di colpo. La posta in gioco è in teoria altissima (decisioni come scegliere tra la propria vita e quella di un fratello) ma poi non è che le decisioni siano prese con un particolare senso della gravitas. Ci sarebbe potenzialmente anche un accenno di lotta di classe visto che l’umile autista è preso in giro dagli altri del quartiere perché povero e le vampire invece sono la metafora dei rich kids viziati dal denaro, pensano di poter fare qualsiasi cosa perché hanno quel che hanno (poteri e soldi), tuttavia anche questo spunto è spento dal fatto che alla fine il povero autista gode a farsi vedere con loro e far credere di appartenere al mondo di chi ha.
Una simile lode del percorso dalle stalle alle stelle grazie ad una donna ricca sarebbe quasi sovversivo se solo non fosse così inconsapevole ed omologato.