The New World

La vera storia di Pocahontas, principessa indiana che tradisce la sua gente per amore di un inglese. L’ultimo film di Terrence Malick delude le attese e spazientisce anche lo spettatore più tenace…

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Si può parlare male di Terrence Malick? Si può parlare male di un regista che ha fatto solo film meravigliosi e indimenticabili, dal suo folgorante debutto La rabbia giovane, passando al poetico I giorni del cielo e arrivando allo struggente La sottile linea rossa? Di un autore che, attualmente, è una mosca bianca nel triste panorama cinematografico americano? Anche se sembra incredibile, guardando The New World la risposta non può che essere affermativa.

E’ dura commentare un film del genere senza conoscere tutti i retroscena che hanno portato a questo risultato. Perché è francamente difficile capire cosa passasse nella mente dei produttori di fronte al final cut di una pellicola di due ore e mezzo che sembra tutto tranne che un film. Verrebbe da pensare che si tratti di uno sberleffo di un vero ribelle come Malick di fronte a tutte le convenzioni hollywoodiane vigenti attualmente e, magari, ci sarebbe anche la tentazione di elogiarne il coraggio. Di sicuro, qualcuno lo farà, ma sarebbe una presa di posizione che andrebbe a premiare le intenzioni e non il risultato.

Penso, per esempio, all’utilizzo della musica classica, che all’inizio sembra una scelta interessante, prima di accorgersi che viene reiterata fino alla nausea. Così come si abusa incredibilmente della voce off, che racconta tutti i fatti che avvengono, spesso in maniera falsamente poetica. Peraltro, non va meglio con i dialoghi, che non supportano quasi mai la bellezza delle immagini e che spesso ricordano il peggiore Michelangelo Antonioni. Anche perché il doppiaggio di Pocahontas è francamente osceno e la fa sembrare un’idiota completa (impressione che riceve sostegno dalle decine di scene in cui lei è gioiosamente saltellante).
Peraltro, la struttura della storia è decisamente discutibile, con ellissi clamorose e svolte di sceneggiatura poco credibili (così come poco credibile è lo scorrere del tempo: non si ha certo l’idea che passino dieci anni durante il film).

Ma il peccato più evidente, è anche quello più imperdonabile: la storia d’amore tra Pocahontas e John Smith non funziona assolutamente. E’ difficile francamente rimanere coinvolti dalle vicende di una coppia che non sembra mai trovare la giusta “chemistry” sullo schermo e di cui non sentiamo che dei pensieri ripetitivi e piuttosto banali. Mettiamoci anche una performance di Colin Farrell tutt’altro che irresistibile e il danno è fatto.

Per carità, ci sono momenti notevoli. Penso al primo attacco subito da John Smith da parte dei selvaggi o anche alla sua permanenza tra di loro (momento però che sembra ripreso pari pari dall’inizio de La sottile linea rossa). Ma francamente non si trova nulla di così visionario da far dimenticare le pecche citate, come se Malick avesse, dopo l’insuccesso della sua precedente pellicola, esaurito tutta la sua energia (come capitò, per esempio, al Martin Scorsese di Gangs of New York). Nulla, insomma, che permetta a questa pellicola di stare accanto ad Aguirre, furore di Dio, il capolavoro di Herzog che a tratti sembra il punto di riferimento per Malick.

Ora, la parola passa al botteghino. Che, a meno di clamorose sorprese, non sarà più gentile di me. Anzi…

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