Nessuno Come Noi, la recensione
Storia d'amore tra egoismo e sensibilità nella Torino degli anni '80. Nessuno Come Noi non vuole rinunciare a nessun tipo di pubblico perdendo in coerenza
Addirittura quando farà la sua comparsa uno dei primi telefoni cellulari l’impressione sarà di guardare un gruppo di hipster attempati contemporanei. Anche il possibile effetto nostalgia (per il quale servirebbero musiche, oggettistica, acconciature, riferimenti pop ecc. ecc.) è così stemperato e alla fine assente.
La storia arriva dallo scrittore sentimentale Luca Bianchini (lo stesso dietro Io che Amo Solo Te e il suo sequel La Cena di Natale) solo che questa volta a dirigere c’è Volfango De Biasi e non Marco Ponti. A cambiare è il tono. Non più un film cartolina dai contrasti attutiti ma un romanzo rosa puro che arranca in tutta la prima parte perché ha il difetto di voler essere tutto. Sia storia di adulti che di ragazzi, invece di ammettere la sua reale natura di trama rosa classica in cui un’insegnante ha una storia con un uomo più grande e sposato, continua a mascherarsi come un teen movie. Appesantito e letterario al punto da mancare tutta la leggerezza del teen movie, il film perde tempo appresso all’intreccio dei giovani in cui crede meno e non decolla mai, lasciando invece solo nel finale che la parte cui tiene prenda il posto sotto il riflettore.
Perché non solo la trama tra i ragazzi funziona molto meno di quella tra i genitori (colpa anche del consueto livello di recitazione sotto lo standard accettabile) ma c’è anche una certa pigrizia nell’uso della voce fuoricampo. Non che ci sia nulla di male in questa soluzione di per sé, ce n’è semmai nell’usarla per raccontare continuamente cosa stanno provando i personaggi invece di lasciarlo emergere.