Nell'Erba Alta, la recensione
Noioso e sconclusionato nel comprimere il romanzo, Nell'erba alta vuole essere meglio di un B movie ma non riesce a essere nemmeno quello
Nell'erba alta, di Vincenzo Natali, disponibile su Netflix: la recensione
Dopo E venne il giorno le piante colpiscono ancora e stavolta su Netflix. La trama di Nell'erba alta è tratta da un racconto di Stephen King quindi le piante non hanno semplici intenzioni omicide ma attirano con delle voci di vittime, spostano le persone, le fanno perdere e ritrovare, le fanno viaggiare nel tempo e non le lasciano uscire. C’è una coscienza collettiva superiore, scopriamo una mitologia che ruota intorno a una roccia all’alba dei tempi e tutta quella vaghezza incredibile che ha il distinto sapore di romanzo supercondensato. Soprattutto, l’obiettivo è lasciar emergere il male negli uomini. Nella trama gli esseri umani tirano fuori il peggio di sé agiti da qualcos’altro, nella realtà riconosciamo quegli atteggiamenti come il male che popola gli altri del nostro mondo.
Ovviamente abbiamo tutti i metaforoni del caso. Quello della religione che invade le persone e le agisce, i culti che giustificano qualsiasi cosa e le ideologie che rivoltano gli esseri umani contro gli altri ma anche quello che allude al grembo materno che fa scopa con il fatto che uno dei personaggi sia incinta.