La natura dell'amore, la recensione
Un film adolescenziale, con due diversi amori, uno fisico e uno mentale, diventa in La natura dell'amore lo studio di uno strato sociale
La recensione di La natura dell'amore, il film di Monika Chokri al cinema dal 15 febbraio
È la dialettica cruciale che anima tutte le storie per adolescenti o tardo adolescenti (o adolescenti dentro), cioè la doppia storia d’amore in cui una ragazza deve scegliere tra due modelli di partner: quello rassicurante che promette amore e fedeltà, e quello tempestoso, sessualmente eccitante ben poco sicuro ma per questo così attraente. Il fatto che il film sia gestito con tutto un altro tono, quello del cinema festivaliero, attenua solo in parte l’ironia e ci inietta dentro lo studio di un certo tipo di categoria umana. La natura dell’amore è tanto un film sentimentale quanto uno sulla parte della società che ama percepirsi intellettuale, che fa lavori intellettuali senza troppo successo ma per la possibilità che questi gli danno di appartenere a un club.
La natura dell’amore è solo inizialmente una storia di desideri diversi in conflitto, sempre di più diventa una storia in cui ciò che vuole il corpo non è ciò che vuole la testa, e di una donna che deve scegliere quale parte di sé frustrare, a cosa rinunciare, e che tipo di compromesso accettare. In questo non solo c’è uno sguardo più onesto sul sentimento ma proprio sul sentimentalismo, cioè sull’accentuazione della tenerezza nelle manifestazioni affettive. Qui non c’è niente di tenero e tutto di spietato, problematico e necessario. Magalie Lépine Blondeau e Pierre-Yves Cardinal anche quando recitano le scene di sesso sono così bravi e così sulla stessa lunghezza d’onda, da parlare al tempo stesso sia dell’incontrastato primato del corpo e dei sensi sulla mente che del bisogno personale che la protagonista ha di essere come l’altra persone la fa sentire, più che amarla.