Nathan Never – Generazioni 4: Base lunare Alfa, la recensione
Abbiamo recensito per voi il quarto albo dell'avvincente saga di Nathan Never – Generazioni
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
A tessere le trame è come sempre Antonio Serra, ideatore di questo intrigante progetto volto a rielaborare le fondamenta dell'eroe da lui creato insieme a Bepi Vigna e Michele Medda, declamando e omaggiando alcuni dei più grandi maestri della Nona Arte e della Fantascienza. Quanto traspare dagli episodi finora pubblicati è la genuina e contagiosa passione degli autori per le varie opere citate, un vero e proprio desiderio di condividerle e riscoprirle insieme al vasto pubblico di Nathan Never.
In questo appuntamento l'azione si sposta in una nuova, distopica dimensione alternativa: un 1976 post-apocalittico in cui Ann Never è una giovane donna dalle facoltà sempre più sorprendenti, in grado di rendersi indispensabile al padre e al consueto gruppo di comprimari nel tentativo di sfruttare le risorse del misterioso asteroide Meta, quasi una benedizione piovuta dalle profondità del cosmo. La minaccia – manco a dirlo - è dietro l'angolo e si materializza in uno dei nemici più noti della serie canonica: Omega, il robot senziente che ricorda per certi versi l'Ultron della Marvel.
In ambito balloon, invece, sono fonte d'ispirazione le strisce d'oltremanica che ebbero enorme fortuna sui quotidiani britannici tra la fine degli anni '40 e i primi '70, tra le quali spicca il capolavoro di Peter O'Donnell, Modesty Blaise (1963). Il punto di riferimento science fiction è però la strip Jeff Hawke (1955), gioiello dello scozzese Sydney Jordan, da cui poi prenderà le mosse la successiva Lance McLane (1976). Base lunare Alfa è un tributo a questi incredibili fumetti (che non hanno avuto nel nostro Paese il meritato successo), a partire dalla disposizione trasversale della copertina e delle tavole, che imita il formato orizzontale tipico della striscia.
Il risultato è un albo dalla fattura singolare - e molto suggestiva - che avrebbe suscitato un effetto ancora maggiore con una rilegatura adeguata al verso delle pagine, e non verticale come il consueto brossurato da edicola; la nostra non è una perplessità fine a se stessa, in quanto la scelta di Sergio Bonelli Editore si traduce in una complicazione della lettura e della miglior fruizione della storia.
Per il resto, non scopriamo certamente ora le competenze e la padronanza del medium sequenziale unite a notevoli conoscenze shakespeariane di Adriano Barone; una riconferma è questa tutt'altro che facile prova, con una gabbia molto rigida e uno schema più ridotto e ancor meno duttile della classica griglia a sei vignette.
Lo stesso dicasi della straordinaria bravura di un veterano del personaggio come Sergio Giardo. A cominciare dalla splendida copertina, l'artista torinese non denuncia mai un calo qualitativo nelle resa descrittiva e recitativa, consegnandoci così un prodotto simile alle strip di Jeff Hawke, con la personalità e lo stile che lo contraddistinguono.