Un Natale al Sud, la recensione
La parabola discendente di Massimo Boldi tocca nuovi abissi con Un Natale Al Sud, lanciato verso una fondo che pare inesistente scopre nuove frontiere
La storia è quella di Un Matrimonio al Sud, con Biagio Izzo e Barbara Tabita a costituire una coppia e Massimo Boldi e Debora Villa a formare l’altra. I loro figli partono in vacanza a caccia di ragazze e loro li seguono nello stesso luogo di villeggiatura in cui trovano Paolo Conticini e Anna Tatangelo, star di internet vanitosi e ossessionati dal proprio fisico e dalla bellezza. Seguono incroci ed equivoci che mettono a repentaglio l’incolumità di Boldi, mettono in scena la solita sequenza di corpi impossibili, eccessivamente grassi, eccessivamente sodi, eccessivamente gonfi e mettono a rischio la solidità delle coppie e più in generale l’amore in quanto sentimento. Tutto per colpa di internet, delle YouTube star e della mania dell'apparire declinata con tecnologie impossibili e scenari inesistenti.
Il film diretto da Federico Marsicano ha un’apertura e una chiusa all’insegna del Natale che non hanno niente a che vedere con la storia e nemmeno la grazia di cercare un’impossibile armonia (addirittura nel finale Boldi e Izzo si rivolgono al pubblico dall’interno di una sala cinematografica in un momento di metacinema ridicolo). Ma fosse quello il problema! Natale al Sud è talmente zeppo di scene implausibili che non stanno in piedi da far passare in secondo piano l’umorismo, che è davvero l’ultimo dei problemi. Anche volendone accettare le premesse, i singoli incroci sono pieni di raccordi che non funzionano. Se nei precedenti film Boldi aveva abituato a errori di montaggio intollerabili anche per un film di liceali, controfigure implausibili o greenscreen da tv regionale, qui quella sciatteria è allargata a tutti i comparti.Ma forse l’elemento più incredibile di questo film è l’immobilità di Massimo Boldi e di molti altri personaggi. Con l’esclusione di Enzo Salvi e Biagio Izzo, che godono di mobilità sebbene limitata, gli altri sono totalmente fermi. Immobili come Anna Tatangelo in pose e inquadrature studiate a suo favore e non a favore del film o come lo stesso Boldi, 71 anni, che è praticamente sempre seduto, e quando non lo è sta innaturalmente immobile in piedi: ogni suo movimento avviene fuoriscena. Questo, per un comico come lui che fonda tutto sul corpo e non certo sulla parola, è più di una condanna a morte, è proprio una dichiarazione d’impotenza. Fare commediaccia come questa, grossolana e scatologica, senza nemmeno godere dell’esagerata dilatazione dei corpi comici, aggiunge mancanza di senso a mancanza di senso.
Probabilmente è per questo che Boldi si sparpaglia in tutti gli altri personaggi costretti dalle circostanze ad assumere su di sé e sul proprio corpo il campionario circense di peti, botte, diarree, scivoloni o ciccione che gli si gettano addosso sfondando il letto. Se Boldi non può essere Boldi allora che tutti siano Boldi!