Natale a Londra - Dio Salvi la Regina, la recensione
Affossato da valori produttivi risibili e la consueta pigrizia, Natale a Londra è solo occasionalmente rischiarato da alcuni suoi attori
Con tutto il romanticismo profuso (Eleonora Giovanardi è innamorata di Greg, Paolo Ruffini lo è invece di Eleonora Giovanardi, Monica Lima e Enzo Iuppariello si amano ma per farlo ingelosire lei si fingerà invaghita di Paolo Ruffini) c’era da aspettarsi un trionfo di neve e alberi di Natale e invece no. Natale a Londra, letteralmente rifiuta il Natale tanto da doverlo inserire in una battuta, proprio come Natale col boss era costretto ad inserire un piccolo alberello ornamentale per non deviare troppo dal titolo. È tutto abbastanza ridicolo e finalizzato a tenere in vita qualcosa che va morendo ma in fondo sarebbe giustificabile e quasi interessante se la macchina funzionasse. Però non è così.
Fatti salvi come ogni anno Lillo e Greg, che il loro sembrano sempre mettercelo, che si sforzano non solo di far ridere ma proprio di introdurre qualcosa di nuovo e di diverso nelle solite gag, di avere una propria personalità in un film che rifiuta categoricamente di averne una sua, il resto di Natale a Londra fa di tutto per gridare vendetta.
Lillo e Greg sono fratellastri figli di un boss che si dispera perché gli mancano i soldi e non può viaggiare a Londra per vendere un suo ristorante, andranno loro due a fare il lavoro e si troveranno in mezzo ad una storia di debiti per uscire dalla quale decidono di rapire i cani della regina.
Che la scrittura sia curata pochissimo lo dimostra il fatto che l’assunto fondamentale del film (i due vanno a Londra perché il padre proprio non può) viene tradito nel finale conciliante senza nessun problema (“Oh alla fine con un documento falso sono riuscito a venire visto?”), ma il vero segno distintivo della sciatteria del film è il classico deplacement delaurentiisiano. Stavolta la pretesa è che, senza makeup, Roma sia Londra (come in Colpi di fulmine si pretendeva che Bolzano, con le montagne di sfondo, fosse Roma), con qualche esterno girato davvero in loco e poi tantissimo fiume Tevere, un trionfo di sampietrini e una timida capatina nella “piccola Londra” (una via di Roma i cui palazzi hanno tutti ingressi che ricordano lo stile londinese), sineddoche di un film dalla cura come sempre sotto le scarpe.
In Natale a Londra tutto ciò che si affida ad un’attenta pianificazione o ai valori produttivi è un disastro, lo mostrano bene le scene con montaggio alternato oppure l’orribile rissa (così maldestra da spegnere anche lo slapstick di Lillo) o la direzione degli attori che non sono comici (cioè Eleonora Giovanardi). Al contrario tutto ciò che è affidato ai singoli è quel che funziona, ovvero i già citati Lillo & Greg ma anche le esplosioni verbali di Frassica, l’unico a centrare (addirittura!) i tempi comici per intervenire.
Visto l’intreccio e il bassissimo tasso di regionalismo Natale a Londra avrebbe anche le caratteristiche del film d’esportazione ma con questi standard è impossibile. L’impressione è che, messa in sala in qualsiasi altro momento dell’anno questa commedia così ambiziosa e poverella sarebbe un disastro, ma la magia del “Natale” salva tutti.