Natale con il babbo, la recensione
Cinema da festività britannico del tipo che non sarebbe mai arrivato nelle nostre sale e invece Netflix ci regala
Fa malissimo vedere nella carrellata assassina con cui sì apre Natale con il babbo, fatta tutta a suon di Bublè e faccioni di star britanniche di una volta (più Kelsey Grammer) con sotto il loro nome come se fossimo ad una fiera, anche John Cleese. Ma tant’è. È l’annuncio di un film umiliante e tutto in salita per lo spettatore, esempio perfetto di tutto quello che da noi non arrivava mai (nemmeno i distributori italiani più disperati compravano e portavano in sala film stranieri simili) e adesso con Netflix invece è sul nostro piatto. Un’involontaria opera di rivalutazione dei nostri brutti film.
Tutto per raccontare di una famiglia grande e ricchissima, che si trova nel castellone per Natale. Una madre risposata, quattro figlie adulte con mariti e fidanzati, e un padre che le abbandonò per andare in America e che a sorpresa arriva per Natale con la nuova moglie giovane. Cinemino da intrighi più vicino a Casa Vianello (sfortunatamente sconosciuto agli autori, gli avrebbe giovato) che alle commedie viennesi sofisticate, prolisso e tarato su standard terrificanti per ironia e rispetto dello spettatore. Lo si capisce subito dalle musiche assassine, l’idea anziana di una colonna sonora, lo si capisce dagli effetti sonori che accompagnano lo spuntare dall’uscio della porta per sbirciare dei personaggi (come in un cartone animato brutto) e lo si capisce dallo stupefacente numero di gag legate agli anziani che parlano di sesso.
Tutto in un contesto di ricchezza sfrenata in cui i dialoghi sono pieni di cifre e costi di tutti gli oggetti che vediamo. Commedia italiana borghese scansati! Natale con il babbo sembra ragionare secondo standard diversi rispetto al resto del cinema, non ha quegli archi, non ha quelle ambizioni, non ha un vero genere (nemmeno le regole della commedia rispetta), è solo un arredo televisivo e rumore di sottofondo per pomeriggi di giorni festivi.
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