Narcos (seconda stagione): la recensione
Narcos torna su Netflix con una seconda stagione, degna prosecuzione della prima, che ancora una volta gioca tra mito e biografia, drama e gangster story nel raccontare la storia di Pablo Escobar
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Si riparte poco dopo il finale dello scorso anno, con un Pablo debole, braccato, che sembra aver superato l'acme della propria onnipotenza, e già si incammina sul versante opposto della collina. Tornano anche gli agenti Peña (Pedro Pascal) e Murphy (Boyd Holbrook), che non concedono – nemmeno a loro stessi – tregua sul piano delle ricerche: la parola chiave in questo caso è "compromesso". Di qualunque tipo, a qualunque livello, dai bassifondi alle stanze del potere, le alleanze si fanno e disfano. Ancora una volta, la bussola della narrazione punta sempre in direzione del narcotrafficante più famoso della storia. Peña e Murphy sono il volto umano di un ordine costituito che soffre i colpi della criminalità, in una Colombia svuotata e martoriata, silenziosa e polverosa presenza sullo sfondo degli scontri tra bande in strada.
Ogni altra parentesi, dalla collaborazione tra Colombia e Stati Uniti (torna qualche frecciatina sull'ingerenza di questi ultimi negli affari esteri) alla presentazione di altri cartelli della droga rivali, alle situazioni personali degli agenti coinvolti, ci appare quasi come un dazio da pagare per far respirare la storia e tornare ancora una volta a Pablo. Il racconto ci restituisce una figura sofferente, solitaria, impulsiva, e Wagner Moura è l'anima, e il corpo (grande lavoro sulla fisicità) di un uomo che non riusciremo a decifrare fino in fondo, diviso com'è tra la spietatezza negli affari e la ricerca, o il miraggio, di un'affermazione sociale da parte di un mondo che pure non fa altro che accusare.
Attenzione, d'ora in poi spoiler...
... che in realtà spoiler non sono. Non soltanto la vicenda narrata è vera e non proprio sconosciuta, ma la stessa campagna di Netflix è stata incentrata sul tormentone "who killed Pablo Escobar?", e dunque nella giostra di emozioni regalate dalla serie non si può proprio dire che ci sia la sorpresa. D'altra parte, a dimostrazione, e come considerazione generale, che lo "spoiler" non toglie nulla al godimento della storia, la forza della morte di Escobar ci arriva intatta. E non saranno nemmeno le modalità della sua fine a coinvolgerci (in realtà anche qui un inseguimento sui tetti come ne abbiamo visti tanti nella stagione), ma piuttosto ciò che nelle ultime fasi ci ha portato a quel punto. L'aspra consapevolezza del criminale, che rifiuta infine anche lui il compromesso, che corteggia la morte cercando in ogni modo di farsi riconoscere, e che infine cade consegnandosi negli ultimi istanti all'immortalità delle cronache.
Non è chiaro cosa ne sarà ora di Narcos. Gli autori potrebbero voler proseguire narrando il seguito della lotta al narcotraffico e i nuovi cartelli emergenti, come la scrittura nelle ultime scene ci lascia intendere. D'altra parte, se proprio dobbiamo trovare un difetto in questa annata, risiede proprio nell'incapacità di lasciare il testimone, di costruire un futuro per una storia che aveva in Pablo la sua ragion d'essere e che, per proseguire, dovrà lavorare sodo.