Narcos 1x01 "Descenso": la recensione
Netflix racconta l'ascesa del narcotrafficante colombiano Pablo Escobar nel suo nuovo progetto Narcos
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Non inizia come una fiaba Narcos, la nuova serie di Netflix, ma ne avrebbe tutte le possibilità. Con la sua onnipresente, e fastidiosa, voce narrante che ci illustra passo dopo passo il tempo e il luogo in cui ci troviamo, che ci aiuta ad orientarci tra "scarafaggi" che sfuggono alla morte per miracolo e orchi che massacrano i loro presunti amici. Con il suo richiamo iniziale al realismo magico, che si ha quando il mondo è invaso da qualcosa di troppo strano per crederci, con la sua pioggia bianca che cade sulle miserie di tutti dall'inizio degli anni '70 alla fine degli anni '80. Soprattutto con il suo protagonista Pablo Escobar, una figura grandiosa, ingombrante, quasi mitica, che sembra uscita dalla fantasia di un fan dei gangster movie (che però rimangono un punto fisso dello show) e che all'improvviso nel mezzo della finzione scenica ci presenta la vera foto segnaletica del criminale più ricco di tutti i tempi.
A raccontarci la vicenda è un agente della DEA di nome Steve Murphy (Boyd Holbrook). Il suo è un ruolo molto limitato nel primo episodio, come limitato sarà quello dell'altro agente Javier Peña (Pedro Pascal). Riflettori puntati quindi proprio su Pablo Escobar, sul carisma dell'uomo che senza problemi si muove minacciando e corrompendo, sorridendo mentre gli viene scattata una foto segnaletica, uccidendo a sangue freddo, dimostrando la più grande umanità e normalità nei dialoghi con la madre. Si racconta la rapidissima scalata al successo e alla ricchezza, i guadagni che si moltiplicano con semplicità, le auto sostituite da camion per il trasporto, il rapporto – finora quieto – con gli altri trafficanti, tra i quali spicca senza dubbio José Rodríguez Gacha (Luis Guzmán).