Nailbiter vol. 2: Mani insanguinate, la recensione

Abbiamo recensito per voi "Mani insanguinate", secondo volume della serie Image Comics Nailbiter

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Joshua Williamson è uno di quei nomi relativamente nuovi ma caldissimi nel mondo del fumetto americano, come dimostra il fatto che la DC Comics lo abbia scelto non solo come sceneggiatore della nuova serie regolare di Flash, ma anche per scrivere il primissimo evento dell'era Rinascita, ossia Justice League vs. Suicide Squad. Prima di calcare questi grandissimi palcoscenici, però, il bravo sceneggiatore si è sempre distinto come una delle penne più versatili e originali, dimostrando anche una predilezione per le storie dalle tinte horror e fantasy, come Ghosted e Birthright dimostrano.

Se i titoli su citati sono tutti apprezzabili, il fiore all'occhiello di Williamson sul fronte del fumetto creator-owned pare sempre di più essere Nailbiter, una serie che sin dal titolo si era sicuramente presentata come una storia horror dalle tinte splatter, ma che nel tempo si sta rivelando essere molto di più. Come vi abbiamo già ricordato nella recensione del primo volume edito da saldaPress, Nailbiter tratta le vicende attuali della cittadina di Buckaroo, in Oregon, famosa per aver dato i natali a ben sedici tra i più efferati e sanguinari assassini americani nel corso degli anni, tra i quali vi è anche il Mangiaunghie che dà il titolo all'opera, al secolo Edward Charles Warren, recentemente uscito di prigione nonostante le sue malefatte e ora praticamente a piede libero. Al di là di quello che il titolo può far erroneamente credere, però, questi è solo uno dei tanti protagonisti (e al momento nemmeno il principale) di un'opera corale che ha proprio nei suoi tanti ed eterogenei personaggi uno dei suoi maggiori punti di forza.

Tutto ha inizio quando l'indagine dell'agente federale Carroll, atta a fare luce su cosa davvero trasforma alcuni abitanti di Buckaroo in assassini (ammesso che ci sia), prende una svolta drammatica, con l'uomo che ne fa duramente le spese. Sulle orme del suo collega si mette quindi l'agente Finch, che assieme allo sceriffo della cittadina, Crane, si mette alla ricerca di risposte alle tante domande che si nascondono nell'ombra. Nel corso dei vari capitoli di Nailbiter abbiamo scoperto che in questo luogo (arcano?) vi sono tantissimi misteri e segreti apparentemente sepolti, ma sempre pronti a riaffiorare. Così come abbiamo conosciuto il Mangiaunghie abbiamo incontrato anche altri personaggi molto singolari, per usare un eufemismo, che hanno reso Buckaroo estremamente famosa. Un nemico si cela certamente nell'oscurità - lo abbiamo intravisto, ma non sappiamo chi sia - ma la sensazione è quella che questa storia sia destinata a espandersi ulteriormente prima di iniziare a dare le prime risposte, con il genere horror che si fonde sempre più splendidamente al mistery, rendendo la narrazione molto avvincente.

Una pregevole chicca di questo secondo volume di Nailbiter, intitolato Mani insaguinate, è quella che vede la presenza di una guest-star assai nota nel mondo (reale!) del fumetto: Brian Michael Bendis. Lo sceneggiatore di moltissimi titoli della Marvel Comics, uno dei nomi più longevi e potenti dell'industria dei comics americani è infatti inserito come personaggio bidimensionale di questa serie, cosa che trasforma questo racconto in qualcosa di più vicino al metafumetto: questo episodio, inutile dirlo, è davvero spassoso e costituisce una variazione di registro rispetto ai toni generali della storia.

L'inserire un personaggio in chiave volutamente caricaturale e ironica in una serie dalle atmosfere cupe, senza snaturarla, ma anzi facendo sembrare tutto molto armonico è solo uno dei tanti motivi che confermano l'abilità di Williamson come narratore. In questo fumetto lo sceneggiatore riesce a raccontare una storia dal forte sapore pop, condendola però con elementi assai virtuosi, cosa che la impreziosisce notevolmente. L'incursione di Bendis nel racconto è anche il pretesto con il quale Williamson si diverte a imitare le tecniche scrittorie del primo, costruendo per esempio una doppia pagina di piccole vignette di eguale dimensione, che si seguono l'un l'altra, ognuna con un diverso protagonista che dice la sua sulla storia: questa "griglia" è stata spesso adoperata da Bendis nelle sue storie degli Avengers e degli X-Men, costituendo uno dei suoi marchi di fabbrica.

Un'altra sensazione costante che aleggia nella mente di chi legge i fumetti di Williamson è che questi riesca a mettere la sua storia e i suoi testi fortemente al servizio dell'artista di turno con cui collabora (basti pensare al Flash di Carmine Di Giandomenico per averne una prova): anche in Nailbiter, la parte grafica è assolutamente all'altezza di quella testuale, grazie al lavoro del disegnatore Mike Henderson, che con il suo stile pulito e pop, molto elegante e plastico, che "compromette" il realismo più puro in funzione di una sintesi esemplare con uno stile più stilizzato, si dimostra perfetto per raccontare una storia di questo tipo; le sue matite alleggeriscono positivamente il racconto, rendendolo estremamente dinamico e fluido, quasi come fosse un film.

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