My Week with Marilyn – la recensione
My Week with Marilyn è un film ben scritto e diretto, su cui però pesa molto lo scarso fascino di Michelle Williams nei panni dell'iconica attrice...
Il matrimonio con Arthur Miller era stato celebrato solo qualche mese prima e, nonostante il successo e una situazione sentimentale finalmente “stabile”, Marilyn viveva già quell’ansia e insicurezza che solo sei anni dopo la portò al suicidio.
I capricci sul set, la pazienza a corrente alternata di Laurence Olivier, la signorilità di Vivian Leigh e Dame Sybil Thorndike, i rapporti tra cinema e stampa e le produzioni cinematografiche vecchia maniera: My Week with Marilyn racconta tutto questo, ma sempre tenendolo sullo sfondo della vicenda principale. Anche il percorso di crescita del giovane narratore, la sua voglia di emanciparsi dalla sua famiglia borghese e di affermare il proprio ruolo nel mondo, sembra giusto un pretesto per avvicinarsi agli aspetti più intimi della vita di Marilyn Monroe.
Lo spettatore deve impegnarsi per “credere”: non che sia una fatica, ma non è una sensazione naturale e tutto questo, suo malgrado, finisce con il pesare sul godimento finale di una pellicola ben scritta, a tratti divertente e sicuramente interessante per ricostruzione storica. Difficile dire se si poteva fare di più, se un’altra attrice, anche meno brava della Williams, sarebbe stata una scelta migliore, ma così la ciambella non risulta uscita completamente con il buco.
Seppur si tratti solo di una supposizione, la scelta di non fare vedere neanche un frammento di repertorio con la vera Marilyn, neanche durante i titoli di coda, sembra confermare che neanche il regista o la produzione siano stati completamente convinti del risultato raggiunto con la trasformazione dell’ex star di Dawson’s Creek.
Piccola curiosità: per l’interpretazione in Il principe e la ballerina, la Monroe ricevette solo un premio in giro per il mondo: il nostro David di Donatello 1958. Glielo consegnò Anna Magnani e lei, rivolgendosi al pubblico, disse un dolce “Sono commossa and grazie” che, da allora, è entrato tra gli aforismi più citati della storia del cinema dai critici cinematografici italiani. Chissà perché…