My Spy: La città eterna, la recensione
Accettate le premesse del suo genere My Spy: la Città Eterna è molto più godibile di tutti i suoi simili, perché è fatto con mestiere
La recensione di My Spy: la Città Eterna, il sequel del film con Dave Bautista stavolta in Italia, disponibile su Prime Video
In un film così come prima cosa occorre accettare le premesse, e non solo quelle della trama. Bisogna accettare le premesse del genere proprio, il cinema per ragazzi che è anche cinema “per la famiglia” con qualcosa per ogni membro e una generale idea d’azione un po’ annacquata per non scontentare nessuno. Questi sono film di carisma, in cui gli attori contano tantissimo e devono sostenere un impianto più generico del solito, meno affilato e meno audace, dargli almeno personalità, lavorarsi il pubblico e intrattenere con una performance. Per questo My Spy: la Città Eterna è così sorprendente, perché non è per niente trascurato né generico!
My Spy: The Eternal City è quello che è, ma lo è fieramente e con proprietà di linguaggio filmico, con tantissima dignità e impegno. Il genere più difficile, maltrattato e complicato da fare (perché vuole mettere insieme toni eterogenei che è molto molto difficile unire se occorre anche mantenere basso il minimo comune denominatore e quindi ampio il pubblico potenziale) è gestito in modi che raramente si vedono. Per riuscirci si rinuncia un po’ alle linee romantiche (e meno male!), e ci si appoggia più del solito sulla commedia. I fratelli Hoeber alla sceneggiatura non si inventano niente e come possono ricorrono a stereotipi culturali italiani, ma Segal è sempre bravo a trasformare gag convenzionali in momenti riusciti, lavorando sulle performance, i volti, le comparse, il montaggio e il ritmo dei dialoghi. Un film portato a casa per bene con la forza del mestiere.