Muppets Haunted Mansion: la casa stregata, la recensione
Un viaggio interiore di Gonzo è l'esito finale di uno spettacolo fiacco che Muppetts Haunted Mansion non sa mai trasformare in folle
Tutto diventa vaudeville con i Muppet, qualsiasi sia l’argomento, qualsiasi sia l’ambientazione o l’intento o ancora le caratteristiche dei personaggi. Soprattutto quando la produzione non ha l’ambizione di arrivare in sala, i Muppet si fermano al componimento satirico, al musical semplice semplice. Muppets Haunted Mansion: la casa stregata inoltre non trova se non raramente le componenti di grande caos che caratterizzano le loro fuoriuscite migliori, quella capacità non solo di creare confusione ma proprio di rimescolare le carte fino a che i ruoli che solitamente dominano e quelli che solitamente vengono proposti non sono più riconoscibili e si crea un nuovo equilibrio, fondato sulla satira ovviamente, ma anche imprevedibile.
Muppets Haunted Mansion: la casa stregata è un po’ questo, un classico della serie, spostato nel mondo della computer grafica. C’è Gonzo che come ennesima impresa vuole passare la notte in un antico maniero infestato per trovare il fantasma di un grande mago del passato. Per riuscirci porta con sé Pepe promettendo una festa piena di celebrity, troverà fantasmi.
È un luogo spaventoso quello ma Gonzo per carattere non ha paura di niente e così, in un momento stranamente significativo, verrà messo davanti ad uno specchio che gli rimanda la sua immagine invecchiata, il suo negativo, fino a vedere i suoi amici ad un’altra festa e capire che è quello ciò di cui ha paura, di perdere loro. È una bella idea, ma per arrivarci passiamo attraverso il solito showcase di canzoni, travestimenti e tutti i personaggi della serie trasformati in creature da casa infestata in un trionfo di sfondi in CG ed effetti visivi semplici che li rendono fantasmi. Questo di fatto leva molta della forza dei Muppet che invece non solo sono pupazzi analogici ma hanno anche in bella vista le stecche attraverso le quali vengono mossi! Sono il trionfo di una teatralità vecchio stampo (da cui il vaudeville) che aiutata dai green screen ad oltranza suona solo da poco.