Mune, la recensione

Originale, tecnicamente perfetto e denso di invenzioni visive su una storia dal favolismo classico e raffinato Mune rivela un nuovo talento dell'animazione

Critico e giornalista cinematografico


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Sia stato il periodo in forza alla Dreamworks (Kung Fu Panda, Mostri contro Alieni) o l'esordio con Michel Ocelot (Azur & Asmar), di certo Alexandre Heboyan nella sua carriera di animatore ha sviluppato uno stile e un'estetica originali e sbalorditivi che ora riversa in Mune. A metà tra la perfezione tecnica americana e l'uso pittorico del colore di Ocelot, il regista (assieme a Benoit Philippon) riesce nell'impresa nella quale molti vorrebbero riuscire: crea un mondo estetico unico che dona fascino e interesse al film da subito, dalle prime scene.

La storia è molto canonica, racconta di un mondo in cui Luna e Sole hanno dei custodi che li muovono mantenendo così l'equilibrio nella Terra. Al momento in cui i vecchi custodi devono scegliere i loro eredi un malvagio cerca di approfittarne per sovvertire tutto, così i nuovi custodi dovranno allearsi e lottare per riottenere i loro pianeti e quindi riportare l'equilibrio. In mezzo poi c'è anche una ragazza di cera teneramente innamorato di Mune, il futuro guardiano della notte.

Dunque su una trama estremamente classica, che non ambisce in nessuna maniera ad essere "adulta" ma anzi si compiace del suo raffinato favolismo, della maniera sapiente in cui manipola materiale dal fascino eterno, Mune architetta un trionfo di colori sgargianti, assemblati per opposizioni cromatiche tra quelli caldi di Sohone (bellissima la maniera in cui il suo corpo riflette la luce dando l'impressione di essere come di marmo) e quelli freddi Mune, tra quelli luminosi e accecanti del giorno e quelli oscuri della notte.

Ancora di più il piccolo armamentario di dettagli e comprimari che pesca indifferentemente da Miyazaki (le creaturine di Mononoke hanno fatto scuola e si ritrovano ovunque), da Fumito Ueda (gli animali che tirano Luna e Sole sono un'idea fantastica e sembrano i colossi dei suoi videogame), dalla Dreamworks (i flashback in animazione 2D come Kung fu Panda) e, ovviamente, da Ocelot, riesce sempre a donare grande armonia ed equilibrio estetico al film. Nulla sembra rubato, tutto è integrato in una grande palette di colori caldi e freddi che all'inizio si combattono (vedi lo split screen della cerimonia d'investitura) e sempre di più si integrano fino al finale.

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