Mune, la recensione
Originale, tecnicamente perfetto e denso di invenzioni visive su una storia dal favolismo classico e raffinato Mune rivela un nuovo talento dell'animazione
La storia è molto canonica, racconta di un mondo in cui Luna e Sole hanno dei custodi che li muovono mantenendo così l'equilibrio nella Terra. Al momento in cui i vecchi custodi devono scegliere i loro eredi un malvagio cerca di approfittarne per sovvertire tutto, così i nuovi custodi dovranno allearsi e lottare per riottenere i loro pianeti e quindi riportare l'equilibrio. In mezzo poi c'è anche una ragazza di cera teneramente innamorato di Mune, il futuro guardiano della notte.
Ancora di più il piccolo armamentario di dettagli e comprimari che pesca indifferentemente da Miyazaki (le creaturine di Mononoke hanno fatto scuola e si ritrovano ovunque), da Fumito Ueda (gli animali che tirano Luna e Sole sono un'idea fantastica e sembrano i colossi dei suoi videogame), dalla Dreamworks (i flashback in animazione 2D come Kung fu Panda) e, ovviamente, da Ocelot, riesce sempre a donare grande armonia ed equilibrio estetico al film. Nulla sembra rubato, tutto è integrato in una grande palette di colori caldi e freddi che all'inizio si combattono (vedi lo split screen della cerimonia d'investitura) e sempre di più si integrano fino al finale.