Mr. Robot 2x12 "eps2.9_pyth0n-pt2.p7z" (season finale): la recensione

La recensione del finale di stagione di Mr. Robot andato in onda su USA Network

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Spoiler Alert
Control is an illusion

Abbiamo iniziato la seconda stagione di Mr. Robot con questa tagline nella testa, e non ci ha mai abbandonato. Ancora adesso, al termine del dodicesimo e ultimo episodio, possiamo vederne le tracce sparse un po' ovunque , con Elliot che, nel momento in cui abbraccia la propria debolezza più profonda e si prepara ad applicarla come uno schema infallibile su tutto ciò che lo circonda, riceve la risposta opposta. Una risposta emotiva che ha ricadute sullo stile narrativo come solo nella serie di Sam Esmail accade, con l'immagine che deve necessariamente offuscarsi pian piano per trasmetterci l'interruzione delle visioni di Elliot. È poco, ma è tutto ciò che avremo. Ci vuole un discreto slancio di fede per abbracciare tutto ciò che ci è stato raccontato e, soprattutto, non raccontato nella seconda stagione, ma almeno possiamo dire che la serie è rimasta coerente con se stessa.

Elliot non ci mentirà più, ce lo ha promesso in carcere. E mantiene la promessa. Ciò che non sappiamo non lo sa nemmeno lui e, considerato che Elliot è la pietra angolare di un sistema di rapporti che lega lui stesso, e quindi Mr. Robot, alla Fsociety, alla Dark Army, a White Rose, alla Evil, possiamo dire che è giusto così. Mr. Robot, inteso come serie, fin dalla prima puntata ha legato strettamente lo stile narrativo alla visione soggettiva, e quindi manipolabile, del protagonista. Elliot non sa se Tyrell è vero oppure no, e quindi nemmeno noi. Elliot non sa cos'è la Fase 2 e, finché non gli verrà rivelato, non lo sapremo nemmeno noi.

Ciò che in Mr. Robot esiste è una gabbia vuota riempita con il pensiero di chi la osserva e costruisce il proprio mondo a sua immagine e secondo le sue esigenze. Che in fondo è quello che ognuno di noi fa giorno dopo giorno, anche senza raggiungere i vertici patologici di Elliot. In questo senso potremmo dire che è valido anche l'esatto contrario della tagline della stagione: illusion is control. L'illusione di essere importanti, di potersi costruire una nemesi ideale e terrificante, l'illusione che il valore della propria vita sia legato a fattori esterni che in qualche modo ci condizionano. Tutte idee legate a doppio filo con egocentrismo, complottismo, ma anche solitudine e fragilità.

Finché Mr. Robot si mantiene vicino al suo stile e alle sue tematiche, rimane praticamente inattaccabile per due motivi. Il primo è che assorbe in sé ogni possibile critica alla lentezza e alla mancanza di spiegazioni, il secondo è che questa serie è splendida da vedere. Il valore del suono, della costruzione dell'immagine, dell'inquadramento delle situazioni, lascia emergere in ogni secondo una gravitas e una potenza che spazzano via ogni altra considerazione. Ne avremo un assaggio sia nel momento culminante del confronto tra Dom e Darlene, sia nella scena dopo i titoli di coda (dobbiamo dare per scontato che Trenton e Mobley siano morti?), sia chiaramente nel climax del "triello" tra Elliot, Mr. Robot e Tyrell.

Funziona meno quando tutto il valore a lungo termine di una certa situazione si spegne – o si accende, dipende dai punti di vista – in qualcosa che ha una bella confezione, ma non ha sapore. Tutta la sottotrama di Joanna ad esempio. Interessante la rivelazione sul "mandante", ma è davvero importante per la storia questo sistema di ricatti e false testimonianze? Stesso discorso per Angela, il personaggio che nel corso della stagione ha attraversato il percorso più tortuoso: il problema è che, non conoscendone i contorni ma vedendo solo attraverso una lente d'ingrandimento, tutto ci arriva come troppo improvviso.

La stagione si chiude con gli ennesimi riferimenti a Fight Club, e con la pianificazione del crollo di un edificio come avevamo già visto in una precedente allucinazione di Elliot, che da qualche parte nella sua mente conservava tutto. Come The Leftovers compensa con le tematiche la mancanza di risposte, così Mr. Robot compensa con lo stile la nebbia nella quale fa brancolare lo spettatore per la maggior parte dell'episodio. E, quando qualche risposta come in questo caso arriva, in realtà non viene mai caricata per trarre la maggiore soddisfazione possibile, ma rimanda sempre ad altri luoghi e altre discussioni, altri uomini dietro la tenda che muovono tutto.

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