MPH, la recensione
Abbiamo recensito per voi MPH, miniserie di Mark Millar e Duncan Fegredo edita in volume da Panini Comics
È questa la premessa di base di MPH, una delle più recenti opere scaturite dalla scaltra e potente mente dello sceneggiatore britannico Mark Millar, che da un po' di anni a questa parte, abbandonati le case editrici major, ha creato una sua etichetta Millarworld che sforna ogni anno titoli blockbuster di grande successo, e, va detto, di qualità sempre molto buona. Del resto, perché lavorare per altri quando facendolo per te stesso hai maggiore successo (e introiti), dato che ogni cosa che la tua immaginazione partorisce vende tanto e viene opzionata per un adattamento cinematografico o televisivo ancora prima dell'uscita? (N.B. Per il lettore più pignolo, sappiamo bene che Millar sta lavorando a Empress con Stuart Immonen per la sotto-etichetta Marvel denominata Icon, che però è sempre creator-owned.)
Roscoe Rodriguez è nato e cresciuto a Detroit, e si trova (nel 2014) a vivere il momento drammatico che tanti hanno vissuto e stanno tuttora vivendo nella città americana simbolo per eccellenza della crisi economica mondiale scoppiata a cavallo tra il 2007 e il 2008. La capitale della contea di Wayne, principale centro dello Stato del Michigan è infatti stata il centro nevralgico del crollo dell'industria automobilistica statunitense, che proprio a Detroit aveva il suo cuore pulsante. Da allora, la città è stata progressivamente abbandonata da una buona fetta di popolazione, e vi sono ancora delle zone completamente abbandonate a se stesse, con fabbriche ed edifici che sembrano usciti direttamente da un set cinematografico di una città fantasma (recuperate il piccolo gioiello cinematografico Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmush per farvi un'idea). Un ragazzo senza particolari titoli di studio, risorse economiche, abilità o "santi in paradiso" ha poca scelta, a Detroit, se non quella di darsi al crimine. Ed è proprio quello che accade a Roscoe, che però viene incastrato e sbattuto al fresco. Qui, per caso, prova una misteriosa droga chiamata MPH, che gli conferisce l'abilità di essere più veloce del suono, e potenzialmente anche della luce, stessi poteri che nel 1986 aveva avuto l'unico superumano mai apparso in questo universo narrativo, di nome Springfield, la cui carriera fu piuttosto breve. Con questa abilità, Roscoe ha finalmente la possibilità di avere il suo momento, il suo riscatto che potrebbe dare la possibilità, a lui e ai suoi cari, di realizzare il suo personalissimo sogno americano. Ma ogni cosa ha un suo prezzo, e i protagonisti dovranno scegliere se essere criminali (sebbene "alla Robin Hood") o provare a essere qualcosa di più.
Millar è uno sceneggiatore che ama collaborare con disegnatori di indubbio talento e notorietà, spesso caratterizzati da uno stile di disegno improntato al realismo. Era successo con J.G. Jones, era successo con Steve McNiven, sta succedendo con Stuart Immonen, e, nel caso di MPH, è successo con Duncan Fegredo, artista che ha legato il suo nome a Hellboy e Lucifer, tra le altre cose. In questa occasione, Fregredo compie un lavoro egregio, disegnando tavole di pregevole fattura, curate nei minimi, infinitesimali dettagli, in ognuna delle pagine della storia, e non lesinando una sfumatura pop al suo registro di disegno, particolarmente evidente nelle copertine degli albi originali (raccolte nel volume).
In conclusione, MPH è la storia di Flash che non leggerete mai (per ovvie ragioni), ma che potete leggere. Grazie a Mark Millar, ovviamente.