Mozart in the Jungle (terza stagione): la recensione

Mozart in the Jungle torna per la sua terza stagione, con un'ambientazione per larga parte italiana

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Spoiler Alert
Parla italiano la terza stagione di Mozart in the Jungle. O almeno lo fa per lunga parte del suo svolgimento, nei dieci episodi che compongono, come di consueto, la serie di Amazon. Una lunga parentesi che diventa qualcosa di più, la cornice autentica e lontana nella quale i protagonisti della serie in qualche modo si ritroveranno in ruoli nuovi a riconsiderare loro stessi in relazione alla loro professione. E alle loro aspirazioni soprattutto, quelle che rimangono celate e inespresse tra la voglia di fare e la possibilità di fare, tra ciò che non si riesce a confessare nemmeno a se stessi e ciò che gli altri non dovranno sapere. Una buona annata, con al centro, come sempre, la musica.

Quindi, spostiamoci a Venezia in compagnia del maestro Rodrigo De Souza (Gael Garcia Bernal, sempre più a suo agio nel ruolo), e della suonatrice di oboe Hailey (Lola Kirke). Divisi all'inizio, si ritroveranno in ruoli particolari sullo sfondo del ritorno sulle scene di una famosa cantante lirica di nome Alessandra (Monica Bellucci) soprannominata La Fiamma. Intorno a questo ingombrante personaggio, ai dubbi che la circondano nell'ambiente che non crede a un suo possibile ritorno, si consuma una nuova fase professionale del maestro e dell'allieva storici della serie, sempre meno ingessati in questi due ruoli ma pronti a chiedere qualcosa di più all'uno e all'altro.

Rodrigo sempre più sperimentale, con un occhio alla musica e uno alla sua orchestra storica, ancora in difficoltà economiche. Rodrigo che forse si sente ancora in colpa per il gran rifiuto opposto lo scorso anno al suo storico maestro che gli chiedeva di prendere il suo posto. E poi Hailey, che passa da un incarico all'altro, da uno scontro personale all'altro, per capire forse che ciò che sta cercando è un'aspirazione più alta, forse una possibilità mai nemmeno sognata come direttrice d'orchestra. Questo è il filo conduttore di una stagione nettamente divisa in due parti tra Venezia e New York.

La musica, come detto, rimane sempre il punto fermo della storia. L'abbraccio delle note rimane sempre lì a cullare il distacco nostro, e dei protagonisti, dai loro problemi personali. Su tutti gli episodi vale la pena citare il settimo, molto sperimentale, proprio perché girato come un falso documentario (il documentarista è interpretato da Jason Schwartzman). Nel cast l'altro volto noto familiare al pubblico italiano è quello di Christian De Sica, che interpreta l'agente di Alessandra. Tornano poi i volti storici, quello immancabile di Malcolm McDowell nei panni del direttore Pembridge e quello di Saffron Burrows nei panni della musicista Cynthia.

La sperimentazione di nuove forme e possibilità per la musica – un'orchestra giovane, la contaminazione con l'elettronica – si sposa quindi con nuovi percorsi per i protagonisti. Qui Mozart in the Jungle torna alla sua coppia storica, al loro rapporto indefinibile, forse serio, forse no. Nel frattempo la serie continua a funzionare.

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