Mother's Instinct, la recensione

Gran duetto di attrici e ottima gestione della tensione le frecce all'arco di Mother's Instinct, remake di un recente thriller francese.

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La recensione di Mother’s Instinct, il film diretto da Benoit Delhomme in arrivo al cinema il 9 maggio.

“Solo perché sei paranoico non vuol dire che non ti stanno cercando” cantava Kurt Cobain. Messa in forma di domanda è esattamente questa la dinamica su cui si basa Mother’s Instinct, remake del thriller franco-belga Duelles (2018). Un continuo rilanciare i sospetti e l’allineamento dello spettatore, togliendo certezza alle sue coordinate morali e portandolo a provare l’ansia e il senso di colpa delle due protagoniste. È questa capacità di legare l’emozione cinematografica alle emozioni provate dentro la storia a elevare un semplice esercizio di manipolazione spettatoriale a qualcosa di più intenso e profondo. E se alla fine il film sceglie la soluzione più facile, il viaggio verso quella conclusione non si scorda facilmente.

Dimenticate la nostalgia degli anni ‘80: con Anne Hathaway si torna direttamente ai ‘40. Sia Mother’s Instinct che l’imminente Eileen (pur ambientati negli anni ‘60) sembrano rifarsi al cinema hollywoodiano di due decenni prima, epoca di eleganza classica e di grandi ritratti femminili componenti la galassia del “woman’s film”. Mentre Eileen si tuffa a capofitto in atmosfere noir Mother’s Instinct prende la strada del thriller hitchcockiano, quello di Il sospetto o L’ombra del dubbio, dove una persona che credevamo familiare inizia a sembrare sempre più spaventosa gettandoci nella paranoia.

Si rivela così un lato nascosto della personalità attoriale di Hathaway, cioè una grande interprete dell’ambiguità. La dolcezza dei suoi ruoli sentimentali diviene in Mother’s Instinct elemento enigmatico, che potrebbe o non potrebbe celare una verità spaventosa. L’enigma sta in piedi perché al suo personaggio – una donna che ha appena perso l’unico figlio – si contrappone una figura femminile altrettanto ferita ed ambigua affidata a un’eccezionale Jessica Chastain. Quando questa inizia a sospettare che il lutto abbia fatto impazzire la sua amica, portandola a volersi vendicare sul suo nucleo familiare, la gara di bravura fra le attrici (servite dall’abile sceneggiatura di Sarah Conradt) dà vita a un frenetico ping-pong di sospetti e rassicurazioni, in cui è impossibile capire dove finiscano ragione e distorsione della realtà.

Potrebbe ridursi tutto a un giochino sterile, non fosse che l’esercizio di tensione si lega alle caratterizzazioni in un modo che porta allo scoperto fragilità e sofferenze nascoste: la distruzione dell’equilibrio familiare del personaggio di Hathaway. Ma anche la frustrazione dell’amica, rosa dai sensi di colpa per una maternità che non sente appartenerle fino in fondo e che l’ha condannata ad abbandonare la carriera di giornalista. È la credibilità di queste sfumature emotive, fatte emergere in modo mai didascalico dalla trama thriller, a rendere Mother’s Instinct un character study completo, interessante capitolo del percorso di Hathaway nel recupero (sottilmente politico) di forme melodrammatiche della Hollywood che fu.

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