Mother Russia Bleeds, la recensione
Violenza, droga, fascino retrò: la recensione di Mother Russia Bleeds
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
L’esordiente team francese, raccolto sotto l’effige di Le Cartel Studio, si è probabilmente imposto un ambizioso quanto intrigante traguardo: tentare l’unione e fusione tra l’immediatezza di un beat ‘em up, con una trama che affonda le sue fondamenta nel gore, nell’hard boiled, nell’horror. Un Cadillacs and Dinosaurs che impatta, a trecento chilometri orari, con Hotline Miami, con The Dishwasher: Vampire Smile.
Il risultato è un titolo di stampo estremamente classico, quasi elementare nelle meccaniche che propone, impreziosito, qua e là, da momenti piuttosto intensi in cui viene fatta luce su un mondo certamente distopico, ma ugualmente shoccante, credibile nella velata polemica, rivolta a un certo modo di governare, che trasuda nelle tante macchiette, nei villain tremendamente stereotipati che si avvicenderanno, a velocità sbalorditiva, sullo schermo.
La storia si sviluppa attraverso brevi dialoghi, fulminee conversazioni certamente più utili a direzionare la sete di vendetta dei protagonisti verso l’ennesima location, che a svilupparne la profondità psicologica. Eppure qualcosa si evince ugualmente: il persistente e incontrollabile odio nei confronti un popolo, i rom appunto, che certamente non ha un posto specifico nelle società contemporanee; l’assurda gestione del potere di un governo evidentemente allo sbando e alla mercé di un’oligarchia quanto mai avida; le precarie condizioni di una massa anonima di disperati che si aggrappano al poco che hanno, difendendolo strenuamente, avviliti sino al punto di cedere all’abuso incontrollato di una nuova droga dagli effetti imprevedibili.
Droga che ha un nome ben preciso, Nekro, e rappresenta il fulcro attorno al quale ruota il gameplay di Mother Russia Bleeds.
Sergei, Boris, Ivan e Natasha sono un quartetto di combattenti assolutamente standard, ennesimi rappresentanti canonici di una tradizione che, a conti fatti, non ha mai realmente conosciuto chissà quali stravolgimenti nel corso degli anni. Ci sono i due lottatori più equilibrati, i primi; il nerboruto lento nei movimenti ma capace di mandare al tappeto gli avversari con un paio di ganci ben assestati; la ragazza agilissima, ma dotata di scarsa forza fisica.
Anche il control scheme non presenta alcuna variazione sul tema: pugno, calcio, presa, salto, schiavata. Le combo sono poche, ma al tempo stesso sufficienti per districarsi da qualsiasi situazione. I colpi caricati e l’attacco rapido, utilissimo per eludere le offensive nemiche e al contempo sventare l’accerchiamento, sono due mosse a cui vi affiderete spesso e volentieri.
[caption id="attachment_160272" align="aligncenter" width="600"] Mother Russia Bleeds screenshot 2[/caption]
Non manca inoltre una lunga lista di armi in cui vi imbatterete e che torneranno utilissime per sbarazzarvi in poco tempo di un gran numero di cattivoni. Mazze da baseball, aste, pistole e fucili, anche da questo punto di vista il gioco non lascia certo a desiderare.
Mother Russia Bleeds, caratteristica che lo avvicina blandamente e solo idealisticamente al filone dei Souls-like tanto in voga ultimamente, è un gioco fondamentalmente difficile. È graziato da una serie di trovate intriganti, quelle che ti “costringono” a non lasciare il pad nemmeno dopo l’ennesimo game over, momenti per lo più legati all’introduzione di ulteriori difficoltà come può esserlo l’attraversamento casuale di affamatissimi ratti o la difesa di un alleato, ma resta un gioco estremamente difficile, sino, purtroppo, all’eccesso, al proporre sezioni che non si possono definire altrimenti se non frustranti.
L’inferiorità numerica in cui si riversa spesso e volentieri è schiacciante. L’equipaggiamento nemico dona agli avversari un vantaggio tattico spesso avvilente. I boss di fine livello sono protetti da fin troppi sgherri.
Gli sviluppatori hanno certamente giocato sporco, rendendo la loro creatura il Santo Graal per chi mastica beat ‘em up da sempre, un girone dell’inferno per buona parte dei videogiocatori “comuni”, dotati di un’abilità con il pad di livello medio.
A peggiorare il tutto ci pensa poi qualche magagna nel sistema di controllo, imperfetto in rare occasioni fortunatamente, e una cronica, quanto snervante, mancanza di fluidità di certe animazioni degli avatar. I movimenti nervosi dei personaggi si traducono spesso e volentieri in colpi andati a vuoto, in mosse involontarie, nell’incapacità di raccogliere al volo un’arma caduta al suolo.
La pratica migliora le cose, ma bisogna prepararsi a costanti respawn all’inizio del livello di turno e, soprattutto, a dare fondo alle riserve di Nekro. La già citata droga è infatti l’unico strumento utile per recuperare vita e, per farne incetta, non esiste altro modo che prelevarlo direttamente dalle vene dei nemici agonizzanti. Il sistema prevede un minimo di casualità, visto che la maggior parte degli avversari battuti moriranno sul colpo, ma in certi casi basterà avere un minimo di accortezza, dosando i colpi inferti, soprattutto evitando di accanirsi con i nemici già atterrati.
Siringa quasi costantemente alla mano, imparerete a dosare le iniezioni per recuperare dalle ferite e a destreggiarvi tra scazzottate e repentini prelievi di Nekro.
[caption id="attachment_160271" align="aligncenter" width="600"] Abusando della Nekro entrerete in berserk mode, con tanto di fatality che si attiveranno nei confronti dei poveri avversari già storiditi.[/caption]
Mother Russia Bleeds non è un beat ‘em up perfetto, tutt’altro. Soffre sia dal punto di vista del gameplay, che nel livello di difficoltà proposto. Imprecisione dei controlli e qualche problema di troppo nel valutare la profondità di campo sono difetti oggettivi. Lievemente diverso il discorso per l’altro fattore, certamente più personale, ma che tuttavia evidenzia una progressione dell’avventura non proprio equilibrata e scalfita da fin troppi colli di bottiglia nei quali si resta incastrati in una lunga serie di demotivanti game over.
Violento e intrigante per le tematiche che solleva, resta comunque un titolo piacevolissimo e divertente. Chi non è mai stato appassionato al genere può tranquillamente lasciarselo scappare. Al contrario, fan e curiosi potrebbero dare una chance al titolo d’esordio di Le Cartel Studio.