Motel Destino, la recensione I Cannes 77

La nostra recensione di Motel Destino, nuovo film di Karim Aïnouz presentato in concorso al Festival di Cannes 2024

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La nostra recensione di Motel Destino, presentato in concorso al Festival di Cannes 2024

Si dice spesso "Ha una bella fotografia” per parlare di un film poco apprezzato, provando a trovare un'aspetto positivo. Con Motel Destino non si può nemmeno usare questo escamotage. Ha una fotografia ricercata, senza dubbio. Ma non bella, piuttosto un patina per dare rilievo a un’opera altrimenti priva di sostanza.  

Dopo una scialba trasferta inglese, Karim Aïnouz torna a girare in patria, ma il risultato è ben inferiore allo splendido La vita invisibile di Eurídice Gusmão, con cui nel 2019 aveva raggiunto fama internazionale. Da quest’ultimo, Motel Destino riprende l’adesione a un preciso genere, ma con un approccio completamente differente. Non più un crudo realismo a connotare il melodramma, bensì una mera operazione estetica (anzi, estetizzante) che da sola dovrebbe reggere uno svolgimento che si appoggia ai più classici tropi del noir.

Dopo un incarico andato a male, in cui perde la vita il fratello, Heraldo trova rifugio al Motel Destino, albergo da quattro soldi in un paesino nel nord del Brasile, Ceará. Lega subito con la proprietaria, Dayana, e il marito Elias, dando una mano nella gestione. Mentre dalle stanze i gemiti degli ospiti echeggiano per tutta la struttura, l’uomo comincia una relazione passionale con la donna, all’oscuro del consorte.

Inutile girarci intorno: la trama riprende esplicitamente le coordinate di Il postino suona sempre due volte, e non ci saranno grandi svolte a distaccarsi dal modello. Quello con cui si fregia Motel Destino è, come anticipato, la componente estetica, che finisce per diventare un’arma a doppio taglio. A Ceará il caldo è asfissiante, i corpi sudano e un senso di aridità pervade l’atmosfera: lontani da una gioiosità estiva, i toni sono fatalistici e funesti fin dalla prima scena, con Heraldo e il fratello che si chiedono se a trent’anni si è ancora giovani. Colori accentuati dipingono le facciate dei palazzi, negli interni è invece una forte luce al neon a dominare. Rossa come la passione che si accende tra i protagonisti, quella che il film non riesce mai a rappresentare in altro modo.

Dei (grandi) noir Motel Destino non ha la tensione latente (si intuisce sempre come andrà avanti la storia, né ci affezioniamo ai protagonisti), non ha l’erotismo (le scene ci sono, ma non si percepisce mai la passione). Non ha infine lo scavo psicologico dei personaggi: Heraldo è un ragazzo tormentato dal suo passato, da cui vorrebbe fuggire, e che non esita a concedersi a Dayana, figura vittima di un marito violento da cui poi saprà emanciparsi. Intreccio stereotipato per personaggi stereotipati: Motel Destino parte da materiale di base per aderirci indefessamente, senza alcuna lettura di secondo grado o lavoro (auto)riflessivo. Tutto è molto serio, ma arrivati all’ennesima svolta telefonata è inevitabile chiedersi se magari stiamo assistendo a una parodia del genere. Un "uccidiamolo!" pronunciato poco dopo con enfasi da Dayana, ci suggerisce invece che purtroppo tutto è come sembra.

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