Il mostro dei mari, la recensione

Calcato su un altro film d'animazione recente, Il mostro dei mari fa lo sforzo minimo di scrittura a fronte di un'ottima produzione

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Il mostro dei mari, il film di animazione disponibile su Netflix dall'8 luglio

La sezione animazione di Netflix stavolta si appoggia ad un gigante come Sony Animation per il suo nuovo film animato, Il mostro dei mari. Il risultato è quindi un bel passo più in là del solito, non solo per densità e ricchezza produttiva ma anche per capacità di creare un design (più o meno) suo e uno stile visivo stilizzato in una maniera personale. Chris Williams, una vita in Disney fino alla co-regia (non a caso) di Oceania, ricrea qui un oceano completamente diverso per design e profumo. Non sa più di esotismo e favole, ma anzi sa di sale e fatica, acqua limpidissima di un nuovo azzurro (quasi verde, più chiaro come i toni dell’acqua nel cinema d’animazione nipponico recente), più concreta, pericolosa e meno cartoonesca. Ed è solo l’inizio perché tutta la palette di colori è molto curata e particolare, racconta di sole e vento, di acqua in faccia ed erba.

Ma a fronte di tutto ciò non si può far a meno di notare che Il mostro dei mari è un film scritto malissimo, senza nessun reale impegno e con uno sprezzo per il concetto di plagio che fa impressione. Se infatti passano in cavalleria i molti richiami, gli appoggi e le ispirazioni da King Kong o Il mondo perduto quando sì arriva nella grande isola dei mostri, è impossibile non notare il calco che il film fa su Dragon Trainer (di Chris Sanders, lui sì un grandissimo ideatore di film d’animazione). Non solo racconta la medesima storia, ma lo fa anche con la medesima scansione e intenzioni. Una comunità felice di cacciatori di mostri, un bambino che sogna di diventare tale, degli adulti più fomentati di lui e poi la scoperta che proprio il più temuto dei mostri è gentile e docile come un animale domestico, fino all’impresa di convincere il mondo che si può cambiare, che la storia raccontata dagli adulti è sbagliata.

A differenza del 2010 oggi in questa trama leggiamo tutt’altro (a dimostrazione della malleabilità del cinema, il cui senso esce sempre piegato dal mutare di tempo e spazio), ci vediamo una generazione che non crede a quel che quelle precedenti gli hanno raccontato riguardo il pianeta, che vuole cambiare il rapporto con l’ambiente e lotta per fare in modo che tutti puntino sguardi e attenzioni in un’altra direzione. In realtà la solita struttura del protagonista controcorrente in un mondo in cui chi comanda (i reali in questo caso) inganna tutti per il proprio tornaconto, solo adattata ad ambientalismi e rapporti con gli animali. Nulla che, per l’appunto, Dragon Trainer non raccontasse già e molto meglio, con un cast di personaggi menomati (incluso il protagonista) che qui diventa una ciurma di simil-pirati senza qualche gamba o occhio come si conviene.

Massaggiando lo sguardo e massaggiando le orecchie con uno storytelling così convenzionale che è impossibile non seguirlo con piacere e con il consueto piccolo umorismo senza sforzo, Il mostro dei mari è un film poverissimo mascherato da film ricco, uno che rimescola carte già messe in tavola migliaia di volte senza la maestria di variare là dove non ci si aspetterebbe e nemmeno quella di trovare un nuovo senso a strutture già note. È solo determinato a rifare bene altri film.

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