La recensione di The Most Precious of Cargoes, il film d'animazione di Michel Hazanavicius, presentato in concorso al Festival di Cannes
Hazanavicius è uomo di idee. L’idea dietro questo suo primo film che adatta un libro, e suo primo film animato, è quella di animare una storia partendo dai suoi disegni. Quindi
Hazanavicius, oltre che regista, è qui anche art director e character designer. Peccato che non solo non si tratti di un design particolarmente inventivo, ma poi risulti molto difficile da animare e quindi le espressioni dei volti dei personaggi siano ben poco espressive. E la recitazione convincente dei personaggi animati sarebbe stata tutto in un film che punta moltissimo sull’emotività, proponendosi di manipolare materia incendiaria già a partire dalle premesse: una coppia di boscaioli che vive nella foresta innevata non è mai riuscita ad avere un figlio e un giorno, da un treno di passaggio, qualcuno butta un neonato nella neve. Lo troverà la donna e lo accetterà come un dono degli dei del treno.
Ha una specie di strana mistica fantasy questo attacco: i boscaioli parlano di dei del treno, come se i treni di passaggio fossero manifestazioni di entità ultraterrene, e poi parlano dei “senzacuore”, una genia di esseri che vanno spazzati via perché hanno ucciso dio. La bambina ritrovata è una di loro, lo sanno, nondimeno la terranno e cresceranno come fosse loro, così che nessuno scopra la sua origine. I sentimenti sono quindi di quelli grossi e The Most Precious of Cargoes non fa niente per attenuare la loro portata, anzi. L’intento è apertamente quello di commuovere. L’ordine parte dalla trama, viene eseguito dallo score di Alexandre Desplat (più presente delle voci dei personaggi) ed è portato a compimento da un finale strappalacrime.
A fronte di tutto questo però
The Most Precious of Cargoes fa poco per circostanziare una storia che usa la vera Storia come una mazza chiodata per colpire gli spettatori. Si scoprirà a un certo punto quando e dove è ambientata questa trama, che non è per niente di fantasia, almeno nell’ambientazione, e questa scoperta darà tutto un altro tono al film. Lo trasforma in un film su quel momento storico, o almeno lo dovrebbe trasformare, perché come detto in realtà l’impressione è che si tratti di un modo di aggiungere un altro livello di commozione. Il fatto che
Michel Hazanavicius sia molto bravo e sappia raccontare bene una storia riesce a lungo a mascherare lo spietato atteggiamento del suo film. Il paesaggio innevato che accoglie uomini durissimi, la tenerezza del calore del bambino e i personaggi secondari sono quelli delle storie migliori, ma il fine no.