The Morning Show 3x01 e 3x02, la recensione

La stagione 3 di The Morning Show ha archiviato quello di cui si è parlato in precedenza e apre all'insegna della fine delle piattaforme

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione delle prime due puntate della stagione 3 di The Morning Show, disponibili su Apple TV+

Se le prime due puntate della terza stagione di The Morning Show sono un buon indicatore di cosa sarà il resto della stagione non c’è proprio da stare allegri. 

È cambiato molto. Decisamente molto. Negli obiettivi e nelle storie. La seconda stagione aveva chiuso tutte le trame e sembrava quasi aver sistemato la prima grande fase della serie, quella in cui si era occupata del #metoo da dentro, visto dalla prospettiva di un predatore sessuale denunciato, cancellato e ostracizzato. Già nella seconda stagione a quella linea di trama aveva affiancato un discorso più ampio e arioso sui media e sulla vita all’interno di un network moderno. Tra il personale e il professionale, tra l’inclusività e la nascita di piattaforme, la pandemia e i cambiamenti tecnologici. 

Ora tutto inizia con uno spunto più da parodia che da serie, più da ottavo sequel che da terza stagione: Alex andrà nello spazio! L’attacco è molto buono, è lei che guarda un montaggio pensato per la sua morte, uno di quelli usati per ricordare le persone che non ci sono più, con tanto di finale con le date di nascita e dipartita. Una donna che ha vissuto tutta la vita professionale all’interno dei media, con una profonda identificazione con la propria immagine, guarda quell’immagine mediata come sarà dopo la sua morte. Il resto della puntata preparerà meno bene quel che deve venire. 

Alex per l’appunto è a un punto fermo e questa storia dello spazio servirà a smuovere qualcosa, a rimettere in crisi la sua posizione. Bradley invece dall’altra parte è diventata una giornalista nel senso più alto del termine, scopriamo che ha fatto il reportage più importante dall’assalto a Capitol Hill, viene premiata e il prime time del mattino è suo. Il suo problema semmai è la crisi che arriva quando si è in cima. Dov’è la sua integrità? Dov’è la sua durezza? Si è rammollita? È diventata il cagnolino dei media? Vorrà trovarsi un servizio duro da mandare in onda, qualcosa che qualcuno non vuole che venga trasmesso.

Queste sono le due trame principali, il contesto invece lo fornisce l’azienda (che poi sarebbe la trama di Billy Crudup): c’è un nuovo player, un miliardario che ha un piede nel mondo dei viaggi nello spazio privati e nei media, e quindi è praticamente Elon Musk. Lo interpreta Jon Hamm, con una vena di follia latente negli occhi. Con lui è stato organizzato il viaggio nello spazio ma è tutta una maniera di fomentare un suo ingresso nel network, un investimento pesante che dovrebbe garantire un futuro solido.

Di nuovo più che nelle trame individuali è qui, nella storia del contesto e nella maniera in cui questa serie commenta come stia cambiando il mondo dei media (ma da dentro, da sceneggiatori che lo vivono, riportando conversazioni e idee che serpeggiano dentro i corridoi di Hollywood), che The Morning Show trova la sua parte più interessante. “In 5 anni le piattaforme saranno andate, in 10 anni internet sarà in tre dimensioni” dice proprio Billy Crudup per spiegare ad Alex come mai servono i soldi del miliardario: tutte queste transizioni costano moltissimo e nessuno se non un miliardario può sostenerle.

La scorsa stagione aveva raccontato la fatica e la tragedia che è il lancio di una piattaforma (UBA+) e già in questa capiamo che è stata una stupidaggine, che le piattaforme non sono più una strada sicura (e lo dice una serie che va su AppleTV+), anzi sono un costo che affossa i conti dell’azienda e può costare al CEO il suo posto. Un po’ come è avvenuto con Bob Chapek (l’ex CEO della Disney), anche qui il grande capo ha deciso che quella sarebbe stata la salvezza dell’azienda, ci ha investito tantissimo e adesso si ritrova in uno scenario in cui no, le piattaforme non sono la salvezza.

In tutto questo il problema è che le prime due puntate non sono scritte granchè bene. I conflitti dei personaggi sono semplici invece che complicati, sono questioni di persone che si sentono tradite e altre che si scambiano i compiti, questioni di integrità contro propaganda. E quando nel secondo episodio la trama diventa “un attacco hacker che espone le conversazioni interne della società” sembra veramente che già all’inizio della serie sia stato invocato un deus ex machina per generare intrecci. Il fatto che tutti ora possano sapere cose degli altri consente alla serie di mettere contro o far alleare qualsiasi personaggio in fretta, senza eccessiva costruzione. Vedremo cosa vorranno farci.

L'unica cosa che sembra promettere bene invece è la maniera in cui è chiaro che The Morning Show 3 parlerà di culture war. Dopo il #metoo e la pandemia, adesso la linea di racconto del momento che vivono gli Stati Uniti attraverso i media (cioè la storia del presente per come viene vissuta nell’industria più importante, quella che la racconta ogni giorno) prende la strada della guerra di posizioni e ideologie che sempre di più spacca il paese, la polarizzazione tra schieramenti e in mezzo Bradley che, come viene detto, “è l’unica che può parlare alle due fazioni del paese con credibilità” e questo sarà molto utile alla prima elezione.

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