Moonfall, la recensione

Cinema che avanza e si ingrandisce all'aumentare della potenza di calcolo dei computer e quindi all'ampliarsi del distruggibile digitalmente

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Moonfall, in uscita il 17 marzo nelle sale

La categoria precisa cui appartiene Moonfall è quella dei film “se il pianeta Terra può avere una seconda chance, allora forse anche il mio matrimonio”, le grandi avventure contro gli elementi catastrofici in cui salvare non solo un pianeta intero (inteso non come metonimia della sua popolazione ma proprio come globo terrestre, il complesso di terra e acqua che forma il mondo) e soprattutto il rapporto con figli e moglie. Il massimo del globale attraverso il massimo dell’individuale, ovvero il cinema hollywoodiano classico.
È puro Roland Emmerich, un uomo che è riuscito ad ottenere tutto quello che ad Hollywood si dà agli autori senza essere mai davvero un autore, un regista che fa sottogenere a sé, re del catastrofico che in carriera ha ampliato senza limiti la sua mania distruttiva, facendo correre rischi sempre più grandi ai suoi protagonisti. Dopo 2012, in cui a distruggersi è il pianeta stesso, sembrava aver raggiunto il limite, e invece ora passa allo spazio: è la Luna che sta per dare un colpetto alla Terra.

Titanismo senza limiti e in un certo senso invidiabile, il cinema di Emmerich è diretta espressione dell’avanzamento degli effetti visivi, cresce al crescere della potenza di calcolo e del fotorealismo dei software, è reso possibile dall’evoluzione informatica. Per questo forse è l’unica vera forma di cinema digitale, inteso come cinema che parte e ha origine a partire da ciò che è possibile ricostruire (ma sarebbe meglio dire riditruggere) digitalmente. Moonfall per grattugiare un po’ della Terra con un po’ della Luna imbastisce una trama di fenomenale audacia, in cui ci si interroga sulla natura della Luna stessa, in cui una misteriosa entità aggredisce chi orbita intorno alla Terra e poi attacca il nostro satellite causando l’accorciamento dell’orbita fino alla collisione. Tutto molto complicato in teoria ma terra terra nella pratica, perché in Emmerich a creare la storia è sempre il contrasto tra grande e piccolo, tra scienza e pratica, tra massimi sistemi e un figlio che ha fatto una bravata da rimproverare e poi abbracciare.

Moonfall, fra Carl Sagan, Contact e La sentinella

Eppure in questa avventura nella quale finiscono nello spazio personaggi molto lontani dalla figura classica dell’ingegnere o dello studioso ma più vicini agli eroi scavezzacollo e ai nerd inguaribili, i richiami a Carl Sagan (esplicitamente citato) sono diversi e affondano in alcune versioni filmiche delle sue opere, dallo scavo nella testa degli esploratori come in Contact, fino allo spunto di La sentinella (da cui è molto liberamente tratto 2001: Odissea nello spazio). A questi è affiancato un armamentario emmerichiano da anni ‘90 (sempre più di ritorno nel cinema contemporaneo) fatto di umili persone che cercano di salvarsi mentre la catastrofe incombe e che quindi ne testimoniano da vicinissimo il potenziale distruttivo, fatto da stanze dei bottoni da cui si mente a tutti e si ipotizzano piano di salvezza destinati a fallire, fatto di ufficiali dell’esercito che pensano solo a bombardare e individui, sempre soli, sempre controcorrente, sempre con la schiena dritta che inascoltati hanno l’idea giusta ma devono agire di propria iniziativa, fuori dal protocollo, in barba al dipartimento, di nascosto dal congresso, senza riguardo per le procedure e tutte le locuzioni di cui si beano questi film ma che una cosa sola vogliono dire: con il coraggio di chi non si fida del sistema ma crede nei propri sentimenti.

È una visione di mondo vecchissima, che il cinema americano mainstream stesso non sposa più, parla di un altro mondo e proprio distrugge un altro mondo. Sul divertimento primordiale di osservare la catastrofe più impensabile abbattersi sull’umanità non si può discutere, è un piacere che Emmerich ha imparato a padroneggiare benissimo, come abbatte grattacieli lui non lo fa nessuno, come soffia sulle onde, strizza i prati e rade al suolo le montagne lui nessuno. Il resto è molto più discutibile, invece, ma non da oggi.

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