Monster Hunter: World, a un passo dall'esperienza di caccia definitiva – Recensione

Inizia benissimo il nuovo corso della più particolare delle serie Capcom: la recensione di Monster Hunter: World

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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La scusa che Monster Hunter: World utilizza per rinnovarsi, trasformarsi, semplificarsi, pur rimanendo sempre fedele a sé stesso, è l'approdo nel Nuovo Mondo, quello che, secondo le parole della deliziosa assistente del cacciatore che il giocatore è chiamato a interpretare, nasconde tante sorprese, e non si vede l'ora di scoprirle. Per i cacciatori stagionati l'arrivo in questo luogo, nella scia di un enorme drago anziano, è davvero una ventata di aria fresca, perché rappresenta un nuovo incontro con l'amata seria, non di quelli all'insegna della nostalgia, ma di quelli nei quali a fatica ci si contiene nel raccontare tutto quello che è successo durante il periodo di distanza, e pazienza se nella foga si perda qualcosa nella genuinità e nella bellezza del racconto.

Perché Monster Hunter: World riesce davvero, e forse occorre dire finalmente, a rinnovare in senso assoluto la saga di Capcom, e sotto questo aspetto si può affermare senza riserve che la compagnia giapponese ha raggiunto il suo obiettivo e sarà molto, molto difficile, tornare indietro, a quando non si scovava la posizione dei mostri seguendone le tracce, a quando non si percepiva in maniera così viva la natura nella quale ci si avventura, perché mostri piccoli e grandi e persino gli insetti hanno le loro routine e i loro comportamenti. In un certo senso il cacciatore è un intruso, si percepisce a volte la sua estraneità e ciò è perfettamente affine alla sensazione di scoperta che il Nuovo Mondo deve per forza di cose rappresentare, fosse anche solo per il nome che porta.

[caption id="attachment_182308" align="aligncenter" width="1920"]Monster Hunter: World screenshot Tra i più graditi ritorni: l'Uragaan[/caption]

Per il giocatore di Monster Hunter: World scoprire significa di certo esplorare, e a tal fine gli si aprono davanti mappe mai così articolate, sempre divise in zone, ma senza soluzione di continuità, elemento che rende molto più immersivo correre in giro, arrampicarsi, infilarsi in ogni anfratto, al fine di prendere confidenza con ognuna delle zone e ottenere preziose risorse. Soprattutto, però, significa scovare mostri, e nel Nuovo Mondo ve ne sono pochi di quelli già noti. Ecco quindi che nuove sfide gli si parano innanzi, quelle rappresentate dal feroce Anjanath o dal terribile Nergigante o da tanti altri ancora (non tutti ispiratissimi, in realtà), ma ovviamente sono stimolanti anche alcuni graditi ritorni. E nel momento in cui si sfodera la propria arma, qualunque essa sia, scelta nello stesso arsenale degli ultimi due capitoli (a spada e scudo, spadone, martello, falcione insetto e compagnia non è stato quindi aggiunto nessun nuovo strumento di morte), si percepisce quel brivido derivato dal non sapere realmente a cosa si stia dando la caccia, se a un mostro ordinario a uno terribile (le dimensioni contano, ma non sempre), sale la tensione dovuta alla necessità di fare attenzione ad ogni suo singolo movimento. E quando, dopo un battaglia che non è mai scontata, e spesso dopo un percorso di apprendimento che passa attraverso vari tentativi falliti, finalmente lo si uccide, ecco la bramosia di ottenere la propria ricompensa, quei materiali attraverso i quali forgiare armi ed armature più potenti, per dare la caccia a mostri ancora più feroci.

"combattere è sempre bellissimo, una danza di movimenti calcolati, precisi, netti, puliti, che nulla hanno a che vedere con l'azione di un qualunque altro videogioco"È quell'assuefacente circolo vizioso che il cacciatore conosce benissimo, perché combattere è sempre bellissimo, una danza di movimenti calcolati, precisi, netti, puliti, che nulla hanno a che vedere con l'azione di un qualunque altro videogioco, sempre in una situazione di inferiorità rispetto all'avversario, che comunque è un enorme mostro incazzato, ma è ugualmente appassionante realizzare nuovi pezzi di equipaggiamento, migliorarli, studiarne le abilità. E se il combattimento di per sé è rimasto pressocché immutato, con buona pace di coloro che temevano una sua semplificazione in concomitanza con l'apertura al grandissimo pubblico, molto è stato reso più chiaro una volta nella forgia: le abilità delle armature sono ben spiegate e i loro effetti si sommano punto per punto (niente più calcoli cervellotici legati a bonus e malus, come in passato), un pratico diagramma mostra le possibili evoluzioni delle armi e, più in generale, si ha l'impressione che reperire i materiali più rari dei mostri sia compito umano (umano, non facile): qualcuno potrebbe storcere il naso, evidentemente quel qualcuno non ha mai ucciso decine decine di Zinogre alla ricerca (infruttuosa) di un Diaspro o altrettanti Rathalos, per un Rubino (ogni cacciatore che si rispetti ha la sua storia da raccontare al riguardo).

Se nel suo volersi rendere più fruibile Monster Hunter: World convince senza riserve lo stesso non si può dire per quanto riguarda la complessità delle mappe. Tutte le zone sono molto belle, dettagliate ed evocative, ma in alcuni passaggi risultano davvero troppo intricati, al punto che si finisce spesso col seguire le tracce dei mostri in maniera automatica, capendo poco del luogo che si sta attraversando, e per alcuni mostri che tendono a cambiare area frequentemente (e a rifugiarsi in alto) si viene costretti a scarpinate indicibili. Tutto quell'alternarsi di pendii, appigli, rilievi, rovina un po' la purezza della caccia. Zone più grandi significa spesso anche più popolate e anche qui alcune volte la tendenza è all'eccesso, perché non è possibile, ad esempio, infilare due Rathalos e una Rathian nella stessa mappa, alla luce dell'introduzione delle sbandierate ma in realtà di poco peso meccaniche di interazione tra i mostri: auguri nel cercare di cacciarli! Si tratta di difetti del tutto tollerabili, sia chiaro, ma che in alcuni momenti possono essere veramente causa di frustrazione.

[caption id="attachment_182309" align="aligncenter" width="1920"]Monster Hunter: World screenshot Se due vi sembran troppi, figuratevi cosa possa succedere con tre[/caption]

E poi c'è il multiplayer. L'implementazione di un sistema che in un qualunque momento permetta ai cacciatori di unirsi a missioni in corso è senz'altro graditissima, Capcom però, nel fondere single player e multiplayer ha levato ai gruppi organizzati di giocatori la possibilità di procedere nell'avventura tutti insieme, affrontando volta per volta le varie missioni chiave, perché per aggiungervisi occorre averla già fatta; non solo, anche soddisfacendo tale requisito si può entrare in azione solo dopo che il giocatore che ha creato la missione abbia visto la scena d'intermezzo. Una questione di poco conto magari per qualcuno, ma di peso per altri, soprattutto i gruppi organizzati di cacciatori che ormai da anni collaborano insieme. Si potranno sempre dare una mano, certo, ma la progressione in compagnia non è più possibile.

Ed è questo Monster Hunter: World. Uno sforzo realizzativo da applausi, capace di riplasmare la serie e di conservarne le basi, che si presenta ottimamente, grazie ad un colpo d'occhio complessivo molto convincente e ad un comparto sonoro del quale si apprezzano sia i brani di accompagnamento che il doppiaggio, anche grazie ad una localizzazione che ben trasmette la doppia anima, epica e scanzonata, della saga. Non è esente da difetti, i principali riguardano l'eccessiva complessità di alcune aree e il design non azzeccatissimo di quasi metà dei nuovi mostri, e non convince del tutto parte dell'esperienza in multiplayer, ma traccia una nuova strada, dalla quale non si potrà più deviare, perché comunque ora Monster Hunter è più accessibile e godibile. Forse, però, anche meno puro.

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