Mon Crime - La colpevole sono io, la recensione

Da questo retaggio teatrale e cinematografico François Ozon ha tratto una commedia magnetica, intelligente, che mescola l’evidenza della ricostruzione alla moderna lucidità di un film che parla dell’oggi.

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La recensione di Mon Crime - La colpevole sono io, al cinema dal 25 aprile

Era il 1934 quando la pièce Mon Crime di Georges Berr e Louis Verneuil andò in scena: una provocazione nello stile della commedia degli equivoci, sopra le righe, che - come stava facendo Ernst Lubitsch a Hollywood - parlava dell’alta società mostrando donne libere e desiderose di emanciparsi a suon di battute taglienti, una sessualità affermativa e soprattutto l’indipendenza lavorativa. Da questo storico retaggio teatrale e cinematografico il regista colto e cinefilo François Ozon ha tratto una commedia magnetica, intelligente, piena di idee sceniche dall’amabile gusto ‘retrò’ e che mescola l’illusione del palcoscenico e l’evidenza della ricostruzione alla moderna lucidità di un film che parla precisamente dell’oggi.

Siamo a Parigi, è il 1935 e l’evento scatenante della commedia è, come da regola, tragicomico. La giovane e squattrinata attrice Madeleine Verdier (Nadia Tereszkiewicz) viene accusata erroneamente dell’omicidio di un celebre produttore teatrale che l’aveva aggredita: la conseguenza è tutto il contrario di quello che ci si aspetterebbe, perché infatti grazie all’aiuto dell’altrettanto squattrinata amica avvocato Pauline Mauléon (Rebecca Marder), Madeleine diventa un’icona femminista, famosa e piena di proposte lavorative come mai avrebbe sognato. A voler rovinare la menzogna di Medeleine arriverà però la vera colpevole, un’attrice di mezza età decaduta (Isabelle Huppert che gioca magnificamente con la sua identità divistica) che vuole il merito del suo assassinio… faticando a riuscirci.

Già solo a livello di ritmo comico, battute e trovate di intreccio Mon Crime è un vero tripudio, un divertissement senza esclusione di colpi dove ogni personaggio (ad esempio il giudice corrotto interpretato da Fabrice Luchini) aggiunge un tassello di complicazione e comicità alla situazione di partenza. Come una palla di neve che rotolando diventa sempre più grande, Mon Crime procede sempre più veloce verso il suo epilogo eppure François Ozon non perde mai il focus e gira ogni scena come se fosse quella maestra, ritagliando dettagli, gesti e intenzioni secondo uno schema visivo dalla coerenza di ferro.

Da questo gioco delle parti ne esce un’umanità bonariamente egocentrica e, soprattutto, il ritratto fine e intelligente di donne del mondo dello spettacolo che abbracciano - con altrettanta intelligenza - un conflitto duro e aperto, controverso e sì, anche fieramente incoerente. Agli occhi  di Ozon sono tutti vittime quanto carnefici, ognuno è colpevole e artefice del proprio destino e deve manipolare l’altro per raggiungere il suo obiettivo. Insomma, l’idea di Mon Crime, che suona come una boccata d’aria fresca, è di non cercare pietismo o puntare il dito, ma di mostrare la complessità di personaggi che per quanto apparentemente stereotipati degli obblighi e delle ‘maniere’ ne hanno piene le tasche.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Mon Crime - La colpevole sono io? Scrivetelo nei commenti!

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