La moglie del presidente, la recensione

Biopic sfacciatamente agiografico sulla Première dame Bernadette Chirac, La moglie del presidente propone riflessioni interessanti ma patisce la sua dimensione di opera-manifesto

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La nostra recensione di La moglie del presidente, dal 24 aprile al cinema

È ancora una volta una Potiche, una bella statuina, Catherine Deneuve. Ora però con un ruolo ancora più importante, dato che, come titolo italiano suggerisce, è Bernadette Chirac, La moglie del presidente francese Jacques, in carica dal 1995 al 2007. Première dame destinata, come le si addice, a vivere all'ombra del marito e a sacrificarsi per lui, a "non dire più quello che pensa" per non creare fraintendimenti. Ma che in verità è fondamentale nel consigliare il consorte e poi a risollevarne la carriera quando decide di mettersi in gioco in prima persona.

Il film scritto e diretto Léa Domenach si apre dichiarando di essere liberamente ispirato alla vita della donna e che non tutto quello che racconterà è vero. Finzione o meno, è chiaro fin da subito che l'obiettivo dell'operazione è la più sfacciata agiografia del personaggio, un racconto dietro le quinte della macchina politica francese, un modo per dare risalto a una figura, almeno all'estero, poco conosciuta. Così, La moglie del presidente delinea una limpida parabola di presa di coscienza di Bernadette, il suo percorso di emancipazione, ne esalta tutte le virtù, dalla determinazione alla bontà. È lei che ha a cuore il popolo, lei che capisce come vanno le cose, se capita qualcosa di brutto (le accuse al marito di corruzione) è lei che prova a rimediare, senza alcuna colpa.

In sostanza, la regista non mette in campo uno sguardo tagliente, un lavoro sullo star power della sua attrice protagonista o sul genere d'appartenenza, necessari a dare al film una propria voce. Sotto la sua superficie, emergono talvolta alcuni elementi grotteschi che potevano far tendere verso la satira politica, in particolare il ritratto di Jacques Chirac, una macchietta incapace di prendere anche la più semplice decisione (cosa mangiare a pranzo) e che tutto deve all'impegno di Bernadette. Ma sono solo spunti, piccoli dettagli per dare l'atmosfera e la leggerezza di una commedia a un'opera che ha ben chiaro il suo orizzonte, che è soprattutto quello di leggere nel recente passato la nascita delle tendenze dell'attualità: cosa ieri ci ha portati all'oggi. Non solo dunque la parabola femminista (con un lieto fine come appello allo spettatore) ma anche la progressiva crescita dell'estrema destra, le nuove star (le boy band) l'importanza di costruire un'immagine accattivante per il pubblico attraverso i media, dove prima c'era la televisione e oggi i social. Tutti elementi che rendono La moglie del presidente un film interessante, che allo stesso tempo non regge i suoi 90 minuti di durata (solitamente pochi, mentre qui paiono troppi) e patisce la sua dimensione di opera-manifesto.

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