Mixed by Erry, la recensione

Una delle migliori ricostruzioni di un mondo in transizione in Mixed by Erry si scontra con dei protagonisti deboli

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Mixed by Erry, il film di Sydney Sibilia in sala dal 3 marzo

Ma chi ti ha detto che le cose si fanno come dicono gli altri?”, è una delle frasi di Mixed By Erry ma potrebbe stare in qualsiasi film di Sydney Sibilia, sintesi estrema di una filmografia piena di antieroi che per raggiungere obiettivi che il mondo intorno a loro gli impedisce di raggiungere intraprendono imprese eccezionali, immaginando quello che nessun altro ha ancora immaginato. Il brivido e l’eccitazione nei film di Sibilia stanno qui, la sensazione di cui va a caccia continuamente è quella che sgorga nel momento in cui dall’unione di una necessità, un’aspirazione e una conoscenza approfondita si forma un’idea che è così diversa da tutte le altre da sembrare folle, almeno fino a che non la si mette in pratica, cambia il mondo e diventa la regola. Anche per questo se Rocky e il cinema sportivo hanno il training montage come snodo ineludibile (non ci può essere miglioramento di sé tramite la dedizione senza l’esposizione della fatica), i film di Sibilia hanno sempre il momento dell’approfondimento della materia, quello in cui i personaggi si studiano le basi teoriche del proprio progetto, perché non c’è rivoluzione senza nerdismo.

Erry è un nerd della musica, un dj che conosce bene i gusti delle persone. Solo che nessuno gli fa fare il dj perché non ne ha l’atteggiamento, non ne ha le sembianze e nemmeno la provenienza, è un provinciale del mondo (è di Forcella) e in quella dimensione cool non ce lo vogliono. Però conosce la tecnologia o almeno è disposto a studiarsela, e scopre che con le sue competenze può fare (e bene!) compilation su audiocassetta e che c’è un mercato! Ancora di più scopre un oggetto che duplica audiocassetta da un’ora in 2 minuti e quindi consente una produzione su larghissima scala. Nasce la pirateria musicale e un business mostruoso che porterà Mixed By Erry ad essere la prima etichetta musicale del paese e a necessitare l’istituzione di nucleo antipirateria.

Se L’incredibile storia dell’Isola delle Rose era la costruzione più ambiziosa, quella di uno stato con nuove regole (e forse contiene l’immagine più simbolica del cinema di Sibilia riguardo lo scontro con un mondo avverso, quando il protagonista passa una notte sulla piattaforma resistendo ad una tempesta), Mixed by Erry è il film in cui è delineato meglio il rapporto di un rivoluzionario con il contesto intorno a sé come lo sfrutti e ne sia sfruttato. Stavolta al film non interessa troppo la spiegazione di tutte le dinamiche per filo e per segno (dopo un primo contatto con la malavita poi questa scompare, i personaggi sembrano sempre ignari delle dinamiche che gli girano intorno e anche certe questioni dei loro affari non sono proprio trattate), come se avesse superato quella fase a Mixed By Erry interessano i veri espedienti, i veri paradossi, il meccanismo puro, come la gag ricorrente della compilation di Sanremo in vendita mentre il festival era in corso (che in sé riassume l’idea centrale: conoscenza + determinazione + pensare fuori dagli schemi). Gli interessa andare alla radice di come si giunga al miglioramento della propria condizione attraverso l’applicazione di un’intelligenza gentile che nulla può fiaccare, né il crimine organizzato, né la finanza.

Mixed by Erry però è debole quando si dedica ai protagonisti (e non è aiutato dai tre attori che non solo sono discontinui nella recitazione ma non riescono mai a creare dei personaggi vivi a cui possiamo tenere e si limitano a recitare i dialoghi) ma vola quando crea il contesto. Di nuovo con Valerio Azzali alla fotografia crea una Napoli anni ‘80 tra iperrealismo e realismo, vivissima e tempestata da facce eccezionali che sembrano uscire dal passato del nostro paese. Ma che la caratterizzazione stavolta sia il vero racconto di cui godere ce ne accorgiamo davvero quando di colpo il film si sposta a Milano e di nuovo trova un mondo caratterizzato così bene da parlare da solo di molte più cose di quelle che riescono a dire i personaggi. Allo stesso modo quando entra in gioco Fabrizio Gifuni con un personaggio complicatissimo (vicino e lontano ai protagonisti, berlusconiano, mellifluo, cinico, traditore ma anche poi sentimentale) diventa evidente quanto i protagonisti siano deboli, per la prima volta (nella filmografia di Sibilia) ben poco attivi, agitati dal tornado che hanno scatenato più che alla sua testa. Così questa volta la storia di come una persona tenuta ai margini crei un casino immenso per raggiungere le proprie aspirazioni non è raccontata per narrare quella persona ma la devastazione e agitazione che la sua rivoluzione porta, cosa voglia dire per tutti gli altri la forza della determinazione di un outsider.

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