Mister Felicità, la recensione

Nonostante sia destinato ad ottimi incassi Mister Felicità si presenta come un film pieno di problemi, rimaneggiato, trascurato e dal ritmo diseguale

Critico e giornalista cinematografico


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L’immaginario filmico che Alessandro Siani ha messo in piedi da quando è anche regista oltre che sceneggiatore e protagonista dei suoi film è stranamente lontano da Napoli. Nonostante l’universo comico che sfrutta rimanga quello, il panorama in cui ama muoversi ha sempre un gusto esotico e lontano.

I primi due film pensati e girati intorno alla sua comicità da Francesco Ranieri Martinotti (Ti Lascio Perché ti Amo Troppo e La Seconda Volta non si Scorda Mai) già mostravano una voglia di inserire Alessandro Siani in parti di Napoli poco usate, meno classiche e con una personalità da formare. Da quando però il comico ha preso il controllo totale dei propri film, la scelta della location è diventata parte integrante della storia.

Mister Felicità è un film che tira i remi in barca ripetendo molte dinamiche di Il Principe Abusivo

Un regno finzionale da favola per Il Principe Abusivo, un paesino senza senso che pare uscito da una cartolina degli anni ‘30 per Si Accettano Miracoli e ora la stranissima Svizzera per Mister Felicità. In ognuna di queste location Siani porta il suo mondo napoletano, i suoi luoghi comuni e le sue figure. Se però nei primi due casi vedere e incontrare continuamente personaggi napoletani poteva reggere, in Svizzera e senza una chiara motivazione tutto questo ha decisamente poco senso. È solo un esempio, per quanto grande, di quanto il problema più grande di Siani sembri essere il fermarsi prima della meta. Scelto un posto dalla forte personalità (specie considerato chi sia lui e da dove venga) non fa molto per adattare se stesso o le sue gag all’ambiente, non cerca di instaurare con esso una relazione ma lascia solo che contagi le scenografie.

Del resto Mister Felicità è un film che tira i remi in barca ripetendo molte dinamiche di Il Principe Abusivo, specie quelle che vedono un Siani povero e svogliato (con onnipresente berretto dove in quel film aveva invece sempre il cappuccio della felpa in testa) in un contesto altolocato e ricco. E anche più nel complesso si rivela produttivamente trascuratissimo (nonostante le fantastiche prospettive di botteghino), a cui l’intervento in sceneggiatura di Fabio Bonifacci (in qualità di rammendatore di copione, immaginiamo) sembra aver portato pochissimo. Parliamo di un film in cui un personaggio comprimario (Carla Signoris), caratterizzato da una capigliatura pensata per riflettere la propria personalità in stile Rebecca la Prima Moglie, ad un certo punto compare con tutt’altra testa senza alcun motivo. Solo una voce aggiunta in doppiaggio mentre chi la pronuncia è di spalle giustifica il tutto blandamente dicendo: “E che è? Hai cambiato pettinatura?”. E basta.

Di questi “rattoppi” il film purtroppo è pieno, piccole aggiunte pensate con buona probabilità per rimediare a cambi in corsa, rimontaggi o cancellazione di alcune scene. Il film ne risente tantissimo, non ha un ritmo chiaro, non ha interesse e il suo intreccio semplice diventa inutilmente ingarbugliato e tirato troppo a lungo. Se ci si aggiunge che per la seconda volta Siani riesce a tenere alto il passo delle risate e che Abatantuono nemmeno ci prova, il risultato è un film d’ambientazione Svizzera su un ragazzo che vuole migliorare l’umore di una pattinatrice innamorandosene, con in più l’incursione di tanto in tanto della camorra.

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