Mission: Impossible - Rogue Nation, la recensione

Il più solido, il più classico e contemporaneamente il più innovativo dei capitoli della serie, Rogue Nation è la consacrazione di Christopher McQuarrie

Critico e giornalista cinematografico


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Dietro il quinto capitolo di Mission: Impossible c'è la testa di un uomo che vuole farsi notare, che conosce profondamente l'azione e che ha l'ambizione di rendere tutto nuovo rimanendo all'interno delle regole. Non è un anticonformista Christopher McQuarrie (già l'avevamo capito con Jack Reacher), anzi, vuole fare un film classico a modo proprio, non vuole interrompere nessuna tradizione, ha la determinazione necessaria a confezionare non solo il migliore dei film della serie ma anche uno dei migliori in assoluto nel cinema di intrighi internazionali degli ultimi anni (là nell'Olimpo con Casino Royale e The Bourne Ultimatum). Per farlo sceglie principalmente tre linee guida: scene d'azione fatte per quanto possibile senza stunt e quindi riprese per intero e poco montate; trama narrata durante l'azione; l'ideazione della linea romantica meno canonica in assoluto e proprio per questo finalmente impressionante.

McQuarrie ha fatto un film in cui si muove nelle regole per dire quello che si dice sempre in modi nuovi e convincenti che fanno sembrare tutto inedito

Quasi irriconoscibile dietro la maniera in cui Rogue Nation non ha paura di rallentare i ritmi là dove non diremmo mai (la bellissima sequenza al teatro dell'Opera, lunga, larga e densa), dietro il rapporto stranissimo tra l'agente segreto e l'immancabile presenza femminile (si toccano solo per lavoro, eppure...) sembra di sentire l'odore di quello spartiacque che è stato Drive, in fatto di ritmo e romanticismo potente perchè anticonvenzionale, solo tradotto per un film da grande studio. Dietro la continua voglia di alleggerire e non prendere se stessi sul serio sembra di intravedere la lezione dei Marvel Studios. Dietro gli stunt sembra di intravedere la lezione del cinema orientale, quella del piacere visivo di un esercizio fisico clamoroso, di un momento realmente impressionante catturato come un documentarista, per quanto possibile da lontano e con il minimo degli stacchi. Per questo Rogue Nation è un piacere sia epidermico che intellettuale a più livelli di lettura.

Tutto è evidente da quando l'agente Hunt entra in scena, atteso come un messia e subito pronto allo stunt più clamoroso, quello in cui Cruise rimane attaccato ad un aereo in decollo. Qualsiasi altro film più scemo avrebbe mostrato il decollo e sarebbe passato ad altro, perchè la parte clamorosa è andata, invece McQuarrie trova un punto d'inquadratura fantastico e prolunga la goduria di un decollo in tempo reale (sebbene montato) con ampie fasi di volo in una scena ben più lunga. Il cinema, spesso è anche decidere quanto rimanere su una scena una volta finita l'azione, quando staccare e quanto di ciò che è superfluo continuare a mostrare.

È il medesimo metodo dietro altri momenti di grande azione (la lunga scena di suspense sott'acqua, l'inseguimento in moto con una videocamera piazzata dove non avevamo mai visto per rendere il dinamismo o la già citata lunga parte all'Opera, una delle sequenze migliori dell'anno) che costituiscono l'ossatura di uno script che non usa l'azione ma da essa vuole partire, come se prima di tutto si fossero deciso le scene d'azione e poi si fosse pensato alla trama. Le grandi action scene sono le colonne che reggono tutto, intorno ad esse si snoda un racconto non semplice ma essenziale.

L'IMF è smantellato in seguito agli eventi di Protocollo Fantasma proprio quando Ethan Hunt è vicino a prendere la sua nemesi, l'uomo che regola l'organizzazione criminale a cui dà la caccia da qualche film. I 4 membri dell'IMF decidono allora di proseguire la caccia illegalmente, da fuggitivi e a loro si unisce un'agente britannica rinnegata che forse fa il doppio gioco forse no. Questo è quanto, per il resto con una dinamica che pare L'uomo che sapeva troppo smontato (prima l'Opera, poi il Marocco, poi Londra), il film racconta le evoluzioni e le emozioni di Ethan Hunt, lasciando che dentro ogni clamorosa scena d'azione si capisca qualcosa di ciò che non vuole dire, quanto si stia legando a questa donna. Lei lo avvinghia con le gambe per poter scappare, lui evita di metterla sotto finendo quasi ammazzato, lei prende rischi per lui e poi si troveranno ad un cafè per fare un discorso simile a quello tra Pacino e De Niro in Heat solo espliciti sottotesti sentimentali.

Come i migliori western o i grandi polizieschi McQuarrie ha fatto un film in cui si muove nelle regole per dire quello che si dice sempre in modi nuovi e convincenti che fanno sembrare tutto inedito.

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