Mirai, la recensione del film
Mirai è il quinto lungometraggio animato di Mamoru Hosoda
Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.
Presentando Ponyo sulla scogliera, Hayao Miyazaki dichiarò di aver realizzato un film che i bambini avrebbero spiegato ai propri genitori, all'uscita dal cinema. Guardando Mirai, il quinto lungometraggio animato scritto e diretto da Mamoru Hosoda (Summer Wars, The Boy and the Beast), la sensazione è simile: ci è infatti capitato di vedere in sala giovani spettatori in età pre-scolare che anticipavano passaggi narrativi al pubblico adulto, avendoli intuiti più rapidamente.
La trama ha una struttura più episodica di quanto ci si potrebbe aspettare, cosa che porta Kun-chan ad affrontare una serie di prove in contesti onirici e sovrannaturali. Purtroppo, però, questo percorso di evoluzione del personaggio procede a singhiozzo, con lezioni che lo fanno maturare e poi regredire nuovamente, mettendolo di fronte a situazioni simili e a tratti ridondanti. In questo processo ci sono momenti in cui il bambino risulta irritante sapientemente alternati con altri in cui suscita simpatia, grazie a una caratterizzazione equilibrata e realistica.
Mirai non è un film perfetto, ma riesce comunque a emozionare ed è senza dubbio una delle opere più interessanti della produzione nipponica di quest'anno. Le animazioni sono di alto livello tecnico e c'è una buona recitazione dei personaggi, ma l'impressione è che non venga mai raggiunto il trasporto emotivo o i virtuosismi visivi dei precedenti lavori del regista. In particolare, salta all'occhio una computer grafica invasiva e non sempre integrata al meglio con i disegni tradizionali. L'animazione digitale è stata però sfruttata efficacemente, e in modo volutamente grossolano, per dare vita a un personaggio inquietante, utilizzando poligoni che sembrano usciti dai primi videogiochi in 3D degli anni '90, al fine di creare un effetto disturbante.
Nonostante una qualità media altalenante, Hosoda si conferma uno dei registi di animazione giapponese più meritevoli d'attenzione, tanto che troviamo aspetti sorprendenti anche nelle sue opere meno riuscite (non è il caso di Mirai, che a livello qualitativo inseriremmo a metà della sua filmografia).
L'impressione è che l'elemento fantastico e la famiglia siano stati già sfruttati a sufficienza dall'autore, perciò sarebbe interessante per il suo prossimo lavoro vederlo all'opera con un brusco cambio di direzione, per quanto riguarda atmosfere e tematiche.