Il mio amico Tempesta, la recensione
Cinema di animali che in realtà è cinema sportivo, Il mio amico Tempesta ci mette moltissimo a entrare nel vivo ed è troppe cose insieme
La recensione di Il mio amico Tempesta, in uscita al cinema il 14 settembre
Il mio amico Tempesta racconta di una famiglia che gestisce cavalli, il cui padre è un fantino che poi con quei cavalli gareggia. C’è un nuovo padrone americano, ci sono nuovi puledri promettenti e c’è questa figlia che vediamo fin da piccola avere un contatto e un rapporto particolarmente stretto con i cavalli, almeno fino a che non infuria la tragedia. Come tutti i melodrammoni che si rispettino c’è l’incidente, l’ospedale e una nuova condizione (tragica) con cui convivere fino a che non si troverà una via d’uscita, proprio grazie ai cavalli.
Per arrivarci deve però passare attraverso altri generi, concedere troppi momenti a divagazioni che né sono esplorate a dovere nelle loro conseguenze, né sono in armonia con la trama finale. In tutto questo rimane totalmente da una parte Melanie Laurent, unica a portare un po’ di grazia nel film, che però è anche meno protagonista di Danny Huston (caratterista a vita del cinema americano, abbonato al personaggio meschino). La cosa è doppiamente umiliante visto che questo non è nemmeno un film in cui gli animali sono centrali, ma semmai un film il cui punto è soffrire per le tragedie avvenute (veramente troppe tutte insieme per reggere il peso della plausibilità) per poi poter sciogliere il magone nella grande soddisfazione finale.