Il mio amico Tempesta, la recensione

Cinema di animali che in realtà è cinema sportivo, Il mio amico Tempesta ci mette moltissimo a entrare nel vivo ed è troppe cose insieme

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Il mio amico Tempesta, in uscita al cinema il 14 settembre

Dalla fabbrica di film francesi con animali e Melanie Laurent esce questa settimana Il mio amico Tempesta. Non si tratta del medesimo team creativo di Mia e il leone bianco però e le altre coproduzioni europee che in questi anni hanno imposto il genere al botteghino, e sì vede. Il mio amico Tempesta si promuove come un film di amore e sentimenti tra una ragazza e un cavallo ma in realtà è tutt’altro, è un film sportivo (sull’ippica) a cui piace moltissimo flirtare con l’immaginario narrativo a tinte forti e melò della narrativa più becera. Sarebbe stupendo se lo facesse con la capacità di trasformare la materia bassa in materia alta, cioè se non usasse le sue tragedie per coinvolgere forzatamente e con modi spicci gli spettatori, ma per creare un senso maggiore. Peccato non sia così.

Il mio amico Tempesta racconta di una famiglia che gestisce cavalli, il cui padre è un fantino che poi con quei cavalli gareggia. C’è un nuovo padrone americano, ci sono nuovi puledri promettenti e c’è questa figlia che vediamo fin da piccola avere un contatto e un rapporto particolarmente stretto con i cavalli, almeno fino a che non infuria la tragedia. Come tutti i melodrammoni che si rispettino c’è l’incidente, l’ospedale e una nuova condizione (tragica) con cui convivere fino a che non si troverà una via d’uscita, proprio grazie ai cavalli. 

Come si capisce ci vuole molto perché il film entri nel vivo. Troppo. Non si fa che attendere che anche i personaggi giungano alla conclusione alla quale noi sappiamo che arriveranno fin dall’inizio (perché è ciò che promette il film: amore per le bestie). Tuttavia quando questo momento arriva capiamo che la relazione tra la ragazza e il cavallo non è mai stata davvero il punto di tutto, semmai il punto è il miglioramento di una vita attraverso la dedizione e il successo. Cioè fare del cinema sportivo. Il mio amico Tempesta è in realtà un film sulle corse e sul trionfo mascherato da cinema con animali.

Per arrivarci deve però passare attraverso altri generi, concedere troppi momenti a divagazioni che né sono esplorate a dovere nelle loro conseguenze, né sono in armonia con la trama finale. In tutto questo rimane totalmente da una parte Melanie Laurent, unica a portare un po’ di grazia nel film, che però è anche meno protagonista di Danny Huston (caratterista a vita del cinema americano, abbonato al personaggio meschino). La cosa è doppiamente umiliante visto che questo non è nemmeno un film in cui gli animali sono centrali, ma semmai un film il cui punto è soffrire per le tragedie avvenute (veramente troppe tutte insieme per reggere il peso della plausibilità) per poi poter sciogliere il magone nella grande soddisfazione finale. 

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