Mindcage, la recensione

La nostra recensione di Mindcage, poliziesco dark diretto da Mauro Borrelli, con Martin Lawrence, Melissa Roxburgh. Al cinema dal 7 giugno

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La recensione di Mindcage, al cinema dal 7 giugno

Con tutto il bene del mondo: è davvero impossibile prendere sul serio Martin Lawrance (volto della commedia americana) che con una sorta di paresi facciale e lo sguardo imbruttito veste i panni di Jake Doyle, un poliziotto traumatizzato da un vecchio caso. Co-protagonista di Mindcage di Mauro Borrelli,insieme alla collega e neo-detective Mary (Melissa Roxburgh) Lawrence è al centro di un poliziesco dalle ambizioni dark ed esoteriche che è talmente mal scritto, mal diretto e mal recitato da sembrare più che altro una parodia del genere.

Il caso che i due colleghi devono affrontare è quello di un serial killer che uccide prostitute per poi trasformarle in statue rinascimentali (che, tra l’altro, sono l’unica cosa esteticamente appagante del film). Essendo questo modus operandi identico a quello di “L’artista” (John Malkovich), che Jake aveva sbattuto in prigione anni prima, Mary decide di mettersi in contatto con questo per farsi aiutare a risolvere il caso in cambio di una commutazione della pena.

Il film fa l’occhiolino un po’ a Il codice da Vinci (la fissazione per il Rinascimento, Lucifero, la religione) e un po’ a Il silenzio degli Innocenti (la giovane detective che scopre qualcosa su di sé dialogando con l’assassino). Peccato che Mindcage questi elementi ormai stereotipici si limiti a prenderli di forza e a buttarli qua e là alla bell’e meglio, con un effetto che sfiora il ridicolo, dove il tenore delle battute - tra sguardi basiti, scatti d’ira senza senso e scene che finiscono con personaggi a bocca aperta - è del tipo: “INFERNUM…” - pausa di riflessione - “È il nome latino per Inferno!”

La trama è veramente mal scritta, la regia e il montaggio non hanno alcun senso estetico o funzionale, ma se c’è una cosa che proprio non funziona in Mindcage sono proprio i personaggi, che agiscono senza nessuna logica. Da una parte il personaggio di Lawrance è talmente irruento, e burbero e scemo che è davvero impossibile credere che abbia potuto risolvere il caso di L’artista; dall’altra, Mary è anche lei infuriata con L’artista senza nessun motivo apparente, visto che questo continua ad aiutarla, le risolve il caso e le fa pure un po’ di psicanalisi gratuita. Alla fine l’unico personaggio sensato (anche se ha una backstory tutta da ridere, esagerata e surreale) è proprio l’antagonista. Sarà perché qui John Malkovich è l’unico che sa davvero recitare, ma non è possibile che chi guarda stia al 100% dalla parte del cattivo.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Mindcage? Scrivetelo nei commenti!

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